Non
è mia intenzione in questa sede fare una lezione di storia o di critica
storica, ci sono altri momenti e altri luoghi deputati a questo. Né tantomeno
mi preme fare un discorso di retorica o un’ analisi politica. Il tema di
quest’anno sui 150 anni dell’Unità d’Italia fa sì che questa Festa della
Toscana diventi il preambolo di un intero anno, il 2011, dedicato a questo
importante anniversario. Ci auguriamo perciò che sia l’inizio di un percorso di
acculturazione diffusa, specialmente per le nuove generazioni. Tematiche
come l’unione e la divisione, la fusione o la differenziazione, la libertà,
l’indipendenza, la democrazia non si
fermano ai manuali di storia o di educazione civica, ma le si vivono quotidianamente
nelle nostre storie, personali e collettive, anche talvolta senza rendersene
conto. Per attualizzare e personalizzare tali questioni abbiamo pensato che
poteva essere bello chiamare in causa i consiglieri stessi, con le loro
riflessioni, i loro pensieri, le loro emozioni connesse al tema di questa
festa.
Se
poi mi si chiede un contributo personale, vorrei appunto portare l’attenzione
su come i processi di unificazione o secessione, integrazione o divisione, siano
costantemente in atto e trasformino in continuazione i panorami geografici, sociali, ma anche mentali e
culturali dei popoli.
L’Italia,
come sappiamo, è diventata uno stato unitario con un discreto ritardo rispetto
ad altri paesi europei. Mi riferisco a Francia o Inghilterra, per esempio, che
già nel medioevo hanno iniziato individualizzarsi come monarchie nazionali e
darsi anche quell’assetto territoriale che conosciamo.
Il
nostro è stato un processo più tardo, diverso, in cui la premessa per l’unità era intanto
restituire la libertà alle varie popolazione italiane sottoposte a domini
stranieri. Per cui siamo passati attraverso le guerre d’indipendenza, il
cosiddetto Risorgimento, in cui si è lottato per trasformare in realtà un
sentire e un desiderio corredato e supportato
ovviamente da considerazioni di ordine politico, storico, sociale
ed economico.
Ora,
ottenuta l’unità non è che sia stato l’happy end in cui tutti vissero felici e
contenti. Il processo d’integrazione è ancora in atto. Siamo tutt’ora a
dibattere, ad assestarci e a riprogettarci come italiani. Tematiche come unità,
federalismo sono all’ordine del giorno della discussione politica. Nel grande come nel piccolo, nella famiglia
come in uno stato, tutte le volte che si va a unificare, a raggruppare una
pluralità di animi, di vissuti e di individui, oltre alle difficoltà di
carattere operativo c’è un’angoscia di fusione in cui si teme di perdere la
propria identità.
Allo
stesso tempo tuttavia si manifesta anche l’angoscia opposta, l’ansia di disgregazione, ossia che
la troppo differenziazione, la troppa individuazione ci faccia mancare una
struttura di riferimento che dia anche una certa protezione e sicurezza e una
possibilità di espressione non accessibile al singolo o a un’unica parte
dell’insieme.
La
difficoltà e la sfida è proprio giocata tra queste due continue spinte e
pulsioni che si manifestano in modo naturale in ogni organismo vivente e che si
rinnovano con l’incontro di nuovi stimoli con il rimescolamento degli elementi
interni al sistema. Un collettività, un gruppo, un popolo è tanto più maturo
quanto riesce a calibrare, contrattare e riorganizzarsi cercando una mediazione
tra istanze diverse. In termini politici, come ha affermato anche il Capo dello
Stato facendo riferimento alla Costituzione, si tratta di conservare l’inscindibilità della Nazione
italiana con la promozione delle autonomie, il sentimento d’identità locale,
regionale con sentimento d’italianità.
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