mercoledì 31 ottobre 2012

A Brugnato l'acqua non c'era - Prefazione al libro di Fabrizio Mangani



Si dice spesso che i giovani di oggi non hanno valori, non hanno direzione e non hanno ideali.  Attraverso il giudizio e  la definizione c’illudiamo forse di allontanare qualcosa di pericolosamente vicino a noi. Da qualche parte cominciamo a sentire che il disagio dei giovani altro non è se non il nostro, la punta dell’iceberg di una società incapace di creare, di scommettere, di sognare. Non riuscendo più a vedere né tanto meno a mobilitare le nostre stesse potenzialità, non sappiamo  scorgere o sostenere le risorse delle giovani generazioni.


Questo tuttavia non significa che non esistano. Per fortuna la vita è più bella e più ricca della percezione limitata che spesso ne abbiamo e continua a fiorire, nonostante le nostre paure, le nostre remore, i nostri egoismi. Fiorisce nelle persone ritratte in questo romanzo, dove all’orrore fa da contrappeso il coraggio, al sentimentalismo gl’ideali, alle parole vuote l’azione concreta. Fiorisce in questi anziani che hanno ancora una saggezza da offrire, in questi adulti ricchi di forza e di cuore, in questi giovani volontari che fondano nuove istituzioni allorché le vecchie s’incancreniscono e agonizzano.
Non starò a presentare o a descrivere i contenuti del romanzo di Fabrizio: leggetelo e ognuno valuti secondo il suo cuore e la sua coscienza. Farei piuttosto un breve accenno alla forma, nella misura in cui anch’essa si traduce in contenuto ed evidenzia la qualità di lettura del mondo dell’autore. Fabrizio ci racconta infatti la ‘gravità con leggerezza’, come direbbe Calvino, laddove ‘leggerezza’ non sta per superficialità ma per la capacità di parlare del tragico  senza ‘tragicizzarlo’ ulteriormente. Lo stile di Fabrizio, snello e pieno di vitalità, sgorga autentico da una mano che  non è stata spettatrice impotente bensì parte attiva della vicenda narrata.
Vorrei porre a conclusione di queste riflessioni un passaggio del romanzo che mi ha particolarmente commossa, suonando come un incrollabile inno alla vita e a un’umanità nuova:  "Pensai che Dio era in quel bambino: in quel corpicino 'iperattivo' che non smetteva mai di muoversi, in quelle manine che 'aggeggiavano' curiose dappertutto. Nei suoi occhi nocciola, la certezza che gli Uomini ce l'avrebbero fatta anche questa volta, che la vita sarebbe risorta dalle ceneri della distruzione più colorata e luminosa che mai”.



martedì 30 ottobre 2012

Convivenza - stralci di conversazioni con amici

Io: "...e quella laggiù, rossa, è la mia casa"
Carlo: "Ah, ti sei trasferita. Sei andata a convivere?"
Io: "Sì, con me stessa.E siamo già in troppi!"



Spazio ai giovani

Questo CSG nasce da un progetto cofinanziato dalla Regione nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro per lo sviluppo delle Politiche Giovanili in Toscana. In merito a ciò avevo contattato i giovani consiglieri per mettere a fuoco qualche proposta e  dall'incontro si era sviluppata l'idea di  un luogo di raccordo sia fisico che virtuale per la gioventù di Montespertoli. Fisico perché in esso saranno raccolti l’Informagiovani, lo Sportello di prima accoglienza al lavoro e una postazione Pas. Virtuale perché prevede la creazione di un sito che riunisca le iniziative destinate ai giovani del nostro territorio o ideate da loro. Sarebbe cogestito da giovani, cooperativa e associazioni,  bilanciando attività più strutturate e codificate con attività più libere. Insomma, l’intento principale è quello di dare finalmente uno spazio al giovane di Montespertoli.
Lo spazio è una metafora interessante, perché è anche ciò che serve per crescere, per espandersi, per conoscersi. Non è così scontato, nella società attuale avere uno spazio e un tempo  per noi. Per quanto se ne possa parlar male, io non voglio credere che il giovane d’oggi sia solo Play Station, Grande Fratello, drinks e ottundimento. Questo fa comodo a chi considera l’essere umano materia da manipolare, impaurire e intorpidire.
Voglio credere, e questi ragazzi che sono oggi qui mi ci fanno credere, che i giovani sono e continueranno ad essere una risorsa, un energia vitale che va oltre lo stato attuale  delle cose, che aspira a qualcosa di meglio di quello che vede e che costruirà un’umanità sempre migliore.
Questi giovani hanno creduto in questo progetto e l’hanno adottato e fatto loro. Quello che vedete è stato allestito su loro proposta, gli eventi sono frutto della loro creatività. Sono  la testimonianza viva e concreta che c’è luce, c’è forza positiva e c’è coraggio nei giovani di oggi. Bisogna conoscerli e per conoscersi occorre ascoltarsi, farci delle domande a vicenda.
Per questo voglio ringraziare di cuore i ragazzi che hanno risposto all'appello, qui presenti e non. E’ stato un onore lavorare con voi. Il vostro contributo in termini di idee, presenza ed entusiasmo è prezioso e fondamentale, infonde fiducia non solo a noi come istituzioni ma a tutta la società civile. Grazie davvero.


Dell'Unità d'Italia - l'arazzo e la sinfonia



Un’identità, tante storie. È il titolo della Festa della Toscana di quest’anno sempre sull’onda dei festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia. Mi vengono due immagini, una visiva e una sonora. La prima è quella di un arazzo, o un tappeto che, visto da dietro sembra un intreccio di fili senza senso e visto sul davanti compone un disegno. La seconda è l’idea stessa di  musica che, nella sua qualità di armonia diventa espressione sinergica e gradevole di elementi diversi. La nostra storia, la storia italiana è stata ed è tutt’ora davvero una polifonia di esperienze, speranze, progetti e desideri che hanno lottato per manifestarsi e trovare la loro espressione in un’identità che renda senso e giustizia a tutti.


In natura e anche nell’individuo, c’è una tensione verso l’equilibrio, che appunto è armonia. La disarmonia a livello collettivo si manifesta come conflitto, a livello individuale come malattia. Il conflitto non è male a priori, è connaturato in ogni relazione umana, è insito nell’ ambiguità di ogni scambio comunicativo. Anche in musica la dissonanza fa desiderare e gustare meglio la consonanza, il ritorno all’armonia.
Quindi, la diversità dell’altro in un primo momento può stridere, può creare disagio, conflitto appunto. Ma può anche affascinare e insegnare. Ogni storia, ogni individualità, ogni voce ha una sua dignità una sua ricchezza da offrire. La domanda che ci dobbiamo porre è: l’altro è minaccia o è dono per me? E’ limite o risorsa? La risposta a questa domanda non sta fuori ma sta dentro,  non sta nella testa ma nel cuore. Perché è solo lì che posso riconoscere l’altro come parte di me come parte della mia storia, trovare una base comune e un presente di condivisione.
C’è un passo del Siddharta di Herman Hesse che ben rende l’idea dell’unità nella diversità. E’ quando Govinda, alla fine del libro, guarda Siddharta e vede in lui, trasfigurato, il mondo intero:‘Non vide più il volto del suo amico Siddharta, vedeva invece altri volti, molti, in una lunga fila, un fiume di volti, centinaia, migliaia che venivano e passavano e si mutavano e rinnovavano continuamente, eppure erano tutti Siddharta.’ Parafrasando, i mille volti e le mille storie e i mille colori che hanno portato a comporre e che continuano a comporre il nostro paese,  sono tutti l’Italia e ne raccontano la complessità così come l’estrema ricchezza.

Dell'Unità d'Italia 2 - Il valore del tempo



Il nostro calendario è pieno di date, di anniversari di eventi che, positivi o terribili, hanno sono stati ritenuti meritevoli del ricordo. Perchè un avvenimento del passato debba o possa essere ricordato, è necessario che abbia segnato nel bene o nel male un momento storico, un evento degli uomini che simboleggiano comunque dei valori, dei sentimenti, delle aspirazioni, dei grandi sogni realizzati o delle grandi tragedie subite.
Vale la pena fare  una riflessione sul valore del tempo, visto che ogni anniversario lo scandisce, lo rammenta. C’è un tempo storico e un tempo psicologico. Il tempo storico è lineare, cadenza  e dà una cronologia agli avvenimenti. Quello psicologico è un tempo circolare, è il tempo della maturazione e della crescita interiore di un individuo come di un popolo. E’ il tempo con cui un popolo metabolizza la sua storia.
La storia dell’unificazione italiana è particolarmente ricca, intensa, polifonica. Per intensa intendo anche sofferta, frutto di sacrificio. L’Italia, come sappiamo, è diventata uno stato unitario con un discreto ritardo rispetto ad altri paesi europei. Mi riferisco a Francia o Inghilterra, per esempio, che già nel medioevo hanno iniziato individualizzarsi come monarchie nazionali e darsi anche quell’assetto territoriale che conosciamo. Il nostro è stato un processo più tardo, diverso, in cui  la premessa per l’unità era intanto restituire la libertà alle varie popolazione italiane sottoposte a domini stranieri. Per cui siamo passati attraverso le guerre d’indipendenza, il cosiddetto Risorgimento, in cui si è lottato per trasformare in realtà un sentire e un desiderio corredato e supportato  ovviamente da considerazioni di ordine politico, storico, sociale ed  economico.
Polifonica e ricca proprio per la pluralità di animi, di vissuti e di esperienze che ha raccolto in sé e che sta tutt’ora cercando d’integrare. L’eterogeneità di un gruppo, di un popolo può essere fonte di divergenze e conflitto così come terra feconda e creativa per nuove visioni, aperture e idee. Non a caso nell’immaginario estero siamo il popolo degli artisti, la culla della cultura.
Come ho già detto per la scorsa Festa della Toscana, qui si tratta di recuperare i valori che hanno portato alla nascita della nostra nazione. Evidentemente dei popoli si sono in qualche modo riconosciuti fratelli e hanno lottato per questo. Ciò non deve sopprimere l’individualità e la ricchezza peculiare di ognuno.
In termini sociali, si tratta ancora una volta di mediare tra istanze diverse.  In termini musicali  tornando alla metafora della polifonia, si tratta di trovare l’armonia tra note  e voci diverse. L’armonia arricchisce una melodia. In termini politici, si tratta di  conservare l’inscindibilità della Nazione italiana con la promozione delle autonomie, il sentimento d’identità locale, regionale con sentimento d’italianità.