lunedì 22 dicembre 2014

MEDITANDO : il 'Vuoto mentale'

“Ah, mediti, interessante. Vuol dire che riesci a smettere di pensare?”
“ Sì, smetto di pensare alle cacchiate” (Dialoghi su FB)


Un luogo comune strettamente legato alla pratica della meditazione è quello che si medita per fare il ‘vuoto mentale’. Per la mia esperienza, meditare non è fare ‘il vuoto’ nella mente, casomai fare ‘quiete’, ossia riuscire ad osservare i pensieri e le emozioni senza che essi ci condizionino eccessivamente. Lo sviluppo di una tale equanimità è in genere un passaggio abbastanza avanzato della pratica meditativa. Siamo tutti coscienti di come certi pensieri ed emozioni sappiano sedurci,  spingerci all’azione inconsulta o ossessionarci la notte. 


Nella pratica meditativa si può sperimentare un ampliamento del nostro spazio interiore, una forma di travalicamento o sospensione del pensiero ordinario; ciò avviene però attraverso il collegamento con una Mente più vasta della nostra e non con la regressione a stati semi-coscienti o ipnotici. Non si tratta infatti di ‘perdere la consapevolezza di sé’ quanto di ampliare tale consapevolezza finché include anche le altre forme di vita, finché ci  percepiamo costantemente ‘in relazione’ e ‘connessi’ anche quando siamo soli. Tale espansione, sia verticale che orizzontale,  non ha nulla a che fare con una ‘fuga dalla realtà’ in qualche fantomatico mondo astrale o immaginario.
Lo scopo della meditazione è renderci più consapevoli, non inebetiti o stralunati. Pur essendo una pratica che ci aiuta a costruire un rifugio di pace sicuro e incrollabile  all’interno di noi, tale luogo non diventa un eremo mentale che ci dissocia dalla realtà. Anzi, va a costituire quella sorgente di forza che ci aiuta a comprendere meglio la nostra vita, sia ‘spirituale’ che ‘materiale’,  sostenendoci  mentre cerchiamo di agire coerenti con i nostri più alti valori.


A questo punto, potremmo sostituire il concetto di ‘vuoto mentale’ con quello di ‘mente aperta’ o ‘spirito del novizio’. Ciò indica un atteggiamento di disponibilità a mettere in discussione tutte le idee acquisite rispetto alla vita nei suoi vari aspetti : relazioni,  lavoro, salute ecc… Non che tali concetti siano per forza sbagliati o discutibili, tuttavia la possibilità di espanderli o modificarli porta una rinnovata freschezza all’interno del nostro essere e può spezzare il grigiore della routine con intuizioni originali e sentimenti più vitali. 
Le caratteristiche dello ‘spirito del novizio’ o della mente aperta sono quindi l’apertura a ogni evento, la libertà dalle aspettative, la spaziosità,  la spontaneità e la fiducia nel processo di crescita attraverso un attento ascolto di sé  e della vita che si muove intorno a noi.


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domenica 7 dicembre 2014

RITMO 3 - Un onesto ‘no’

“Comprendo quello che mi chiedi, sei importante per me - e la risposta per ora è no” (Sara Bini)


Sintonizzandoci con i nostri ritmi  e con la nostra musica interiore, può succedere una cosa all’apparenza sconcertante: non combaciamo più in tutto e per tutto con le aspettative e le richieste altrui. Inizia dunque un periodo di ‘aggiustamento del tiro’ all’interno nostre varie relazioni, alcune delle quali decadono mentre altre rifioriscono in genuinità e affetto. 
Vecchie etichette di rapporto ampliano i loro confini allorché si comincia a pensare in termini di incontro tra  esseri umani piuttosto che a uno standard gioco di ruoli. Certo, il ruolo (madre, figlio, compagno, capufficio ecc) resta per esigenze concrete di vita quotidiana; tuttavia la persona di fronte a noi non viene ridotta ad esso, così come noi stessi ci rifiutiamo ora di aderire in toto a pacchetti pre-confezionati dalla società o dalla cultura.


Gradualmente sviluppiamo un senso di intima coerenza che potremmo definire ‘integrità’; ciò non ha tanto a che fare con i codici morali o le norme sociali quanto piuttosto con l’aderenza a una voce interiore che unifica i nostri processi di pensiero, sentimento e azione. Da questa sorgente possono anche scaturire i nostri primi ‘no’ di fronte a richieste che non ci rappresentano più o che comunque minano il nostro equilibrio - se non addirittura la nostra salute. 
Un ‘no’ onesto diventa così un sì a noi stessi e anche un atto di amore verso l’altro, a cui iniziamo a dare la stessa libertà  di ascoltarsi , scegliere e cambiare idea. Man mano che ci accordiamo con i nostri ritmi interiori, impariamo ad intonarci con quelli della vita, ricavandone un senso di maggiore armonia, giusto tempismo, sano rispetto e autenticità.

##Vedi i due post precedenti In & Out e La solitudine e il contatto


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RITMO 2 - La solitudine e il contatto

“La solitudine fra noi - questo silenzio dentro me” (L.Pausini)


Sotto quest’ottica, il concetto di ‘solitudine’ può essere reinterpretato come un momento necessario per ricollegar-si, recuperare le forze, metabolizzare le vicende passate e prepararsi a quelle future. Anche il contatto con se stessi è una forma di relazione: anzi, stabilisce il paradigma , ossia la modalità e l’intensità con cui poi ci rapporteremo agli altri.
Per questo vale la pena prendersi un po’ di tempo per raccogliere le energie, coltivarsi  e con-prendersi. Bypassando questa fase, negandola o illudendoci di evitarla, si crea quello squilibrio che si manifesta con il classico ‘vuoto dentro’ e la tendenza a creare legami di dipendenza con tutto - come ci insegna la Pausini, citata in apertura di post. 


Nei casi più ‘fortunati’, si diventa dipendenti dal proprio lavoro, dalle amicizie o dal partner, in altri casi si può perfino cadere nell’alcool, nelle droghe e altre belle cose simili. Allo stesso modo, un eccessivo isolamento può far arroccare la persona in posizioni mentali ed esistenziali rigide che non si aprono al confronto, alla condivisione e alla crescita. 
Ripeto, non ci sono regole univoche, perché grazie dal Cielo ognuno di noi è diverso e la bellezza sta proprio in questa cangiante diversità di forme, colori e note. Quindi sta a noi sviluppare quella respons-abilità utile a modulare le proprie fasi di Yin e di Yang, ritiro in sé e contatto col mondo. L’intelligenza si evidenzia proprio con la capacità di non cristallizzarsi in un unico e indiscutibile schema di ‘funzionamento’, per quanto possa essere stato valido in qualche momento della nostra vita.

## Vedi post precedente In & Out e post successivo Un onesto 'no'


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RITMO 1 - In & Out

‘I got rhythm, I got music…” (G.Gershwin)


L’antica saggezza ha sempre descritto la vita in termini di pulsare ritmico, oscillazioni, ciclicità, flussi e riflussi. Il nostro stesso corpo ci invita a comprendere ciò nell’alternarsi di inspirazione ed espirazione, sistole e diastole, contrazione e distensione.
Allargando il campo di osservazione alle nostre vite per come ce le ricordiamo o percepiamo, non di rado si notano in esse macro e micro-cicli, connessi a sequenze di nuovi inizi e a chiusure di esperienze esaurite. Per esempio, personalmente ho notato abbastanza presto la tendenza ad avere fasi della durata di due anni. Senza che ne fossi particolarmente consapevole o che dirigessi intenzionalmente la cosa, molte delle mie esperienze più istruttive si aprivano e  chiudevano da sole in questo lasso di tempo.


Analogamente, possiamo notare come anche la nostra vita interiore necessiti di momenti di raccoglimento e momenti di apertura. La frequenza e la durata di questi intervalli variano a seconda della fase evolutiva e sono collegate alla struttura caratteriale del singolo individuo.
Attraverso un attento processo di auto-ascolto e auto-osservazione, possiamo sintonizzarci con i ritmi naturali del nostro essere, assecondandone o cavalcandone il moto e bilanciandone gli eccessi.

##prosegue nel post successivo  La solitudine e il contatto


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