giovedì 14 giugno 2018

CROCE - Cross

“Consummatum est.”(San Giovanni 19, 30)


Inutile raccontarsela, una certa quota di dolore sembra sia inevitabile su questo pianeta, per cui tanto vale farsene una ragione e attraversarla - con dignità e grazia se possibile, altrimenti come meglio si può. Si tratta di un dolore fisiologico, connaturato all’ignoranza tipica della condizione umana, per cui ci identifichiamo con un corpo che ci limita, invecchia e muore. 
Riuscire ad accettare il limite e, dove è possibile, a trascenderlo ci rende in un certo senso super-umani. Con questo termine non intendo entità metafisiche algide e invulnerabili, bensì uomini e donne potenziati da una tale capacità di amare e comprendere che cura noi stessi e l’intero mondo.



In tale processo esistenziale, dilaniati tra vette e abissi, splendori e oscurità , sperimentiamo la forza di quella Luce e il coraggio di quello Spirito che si trovano in ognuno di noi -  anzi, sono la nostra scintilla originaria.
La poesia qui di seguito risale all’estate scorsa e, come si evince dal titolo, dà voce a uno dei momenti di massima tensione nella mia coscienza. Tale momento cruciale, paradossalmente, ha coinciso, anzi, è stato innescato da un periodo della mia vita che, visto dall’esterno, poteva apparire appagante e felice. Mai giudicare dall’apparenza!



Croce

Cos’è quel suono alto nell’aria
e le braccia che cedono
Cosa sono i suoni infranti
di varchi
che attendono

Onde d’urto
sul corpo
deflagrato in trasparenza
Potessi
farne
senza 
ed essere pace

È il corpo
la mia ultima
Croce


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