domenica 7 giugno 2015

In-Kant-(esimo) 3 : Chi usa chi

“In quegli anni ero così smarrita, così confusa che beh’, sì, lo ammetto…sono arrivata perfino a fidarmi delle parole di un politico” (Sara Bini)





La seconda riflessione che sorge dal nostro imperativo kantiano “Agisci in modo da trattare l'umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine, e mai unicamente come un mezzo” è di natura ancor più sottile e pone, a mio avviso le basi per instaurare dei rapporti significativi con gli altri, in quanto ci dà la misura da adottare e il criterio per valutare  il nostro rapporto con noi stessi. 


Infatti, nel voler (spesso a tutti i costi) raggiungere un obiettivo - sociale, culturale o personale - io stessa/o potrei perdere di vista il rispetto per la mia umanità, vale a dire per la mia etica, i miei valori, o semplicemente per il mio benessere. Esemplificando, se io per prima/o uso il mio aspetto fisico,  la mia ‘bontà’ o la mia intelligenza come merce di scambio per guadagnarmi un partner, una posizione economica o il prestigio sociale, inevitabilmente mi tornerà indietro il correlativo oggettivo di tale intenzione. Gli altri, con ogni probabilità, si serviranno pertanto del mio corpo, dei miei sentimenti e del mio intelletto senza portare troppo rispetto alla  mia umanità, alla mia dignità e sacralità di persona.




Ecco perché ritengo importante riflettere a fondo sui moventi delle nostre azioni e sulle reali radici delle nostre intenzioni: il più delle volte arriveremo a comprendere come la vita funzioni alla perfezione, mostrandoci dove possiamo migliorare il nostro modo di essere e di porci nei confronti di noi stessi e del prossimo. Tornando a Kant, i suoi imperativi ci indicano una via secondo me realistica e praticabile per accordare progressivamente il nostro agire a principi di innocuità e rispetto condivisibili da ogni essere umano degno di questo nome. Non si tratta di negare o reprimere aspetti della nostra natura né di diventare improvvisamente ‘santi’;  si tratta piuttosto d’integrare pazientemente e amorevolmente le varie polarità presenti in noi per  elaborare modalità più intelligenti (e corrette) di gestione dei nostri rapporti .


## Vedi i due post precedenti I giusti rapporti umani e "Mi sento usato/a"

Per richiedere un colloquio di counseling o un'introduzione alla Biomusica e Meditazione contattatemi qui o su: Sara Bini Le Vie per l'Armonia

In-Kant-(esimo) 2 : “Mi sento usato/a”

“Sì, ma a me l’Amore non resta facile” (Sara Bini)



Riprendiamo la formula  kantiana “Agisci in modo da trattare l'umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine, e mai unicamente come un mezzo”. Si possono fare almeno due importanti considerazioni a riguardo. La prima potrebbe riferirsi al principio o alla via del ‘giusto mezzo’: Kant, sapientemente, non fa un’idealizzazione  né forza a comportamenti utopistici  la nostra natura. Se avesse prescritto che dobbiamo riuscire a trattare gli altri esseri umani solo come fine e mai come mezzo, sarebbe evidentemente caduto un po’ fuori dal principio di realtà. 


Prendiamo un esempio classico dalle relazioni affettive: è abbastanza naturale che io consideri il mio partner un ‘mezzo’ per soddisfare il mio eventuale bisogno di diventare madre, di fondare una famiglia o semplicemente di condividere delle esperienze. Analogamente, il mio partner può vedere me in funzione dei suoi bisogni che, se si accordano con i miei, possono dar luogo a una relazione duratura e soddisfacente. Dov’è che invece ci sentiamo ingiustamente trattati, se non addirittura ‘usati’?  Quando la relazione si limita proprio a questo - cioè quando percepiamo che, per l'altro, siamo prevalentemente un oggetto atto a soddisfare i suoi bisogni.  Non ci sentiamo perciò ‘visti’ come esseri umani dotati di una sensibilità e di un valore assoluto, non riducibile o riconducibile al semplice gioco di scambi e ‘negoziazioni’ implicito nella relazione. 


Nella pratica ciò si manifesta come un clima di stagnazione e  apatia nella storia, se essa prosegue,  o, cosa ancor più evidente oggigiorno,  nei classici  rapporti mordi-e-fuggi. La relazione di solito viene interrotta bruscamente, non voglio nemmeno dire senza un chiarimento o una spiegazione - sarebbe forse chiedere troppo - ma il più delle volte senza nemmeno la possibilità di un saluto. Sembra quasi che ci siamo dimenticati di avere a che fare con una persona, e non con un tostapane. 
## Vedi post precedente e seguente I giusti rapporti umani e Chi usa chi


Per richiedere un colloquio di counseling o un'introduzione alla Biomusica e Meditazione contattatemi qui o su: Sara Bini Le Vie per l'Armonia

In-Kant-(esimo) 1: I giusti rapporti umani

 “…il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me.” (Immanuel Kant)

Grazie al mio lavoro, in questi ultimi giorni mi è capitato di rileggere Kant e di riconsiderare il suo famoso imperativo “Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere nello stesso tempo come principio di legislazione universale”. Mi ha sempre colpito, e stavolta quasi commosso, come questo immenso filosofo sappia condensare, nella sua trattazione, la massima capacità di astrazione con lo sforzo di ‘umanizzare’ l’umanità, appellandosi alle sue più alte facoltà di azione, sentimento e pensiero. Kant , generalmente recepito come autore ‘difficile’ dallo studente medio, ha avuto l’innegabile merito di “ragionare sulla Ragione”, svincolandola dal particolarismo utilitaristico e attuando così quel delicato passaggio mente concreta - mente astratta tuttora così difficile per molti di noi, troppo ancorati al proprio interesse  personale o alla propria emotività.


In realtà, se ci si pensa bene, questo imperativo non è altro che una ‘variazione su tema’ della ben più nota Regola Aurea ‘non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te’, tanto che l’autore stesso ne dà un’ulteriore riformulazione in senso relazionale : “Agisci in modo da trattare l'umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine, e mai unicamente come un mezzo”. Mosso dall’istanza di universalità, Kant astrae e sta più sul ‘contenitore’ che sui ‘contenuti’. 
Questa seconda versione dell’imperativo categorico, a mio avviso, offre la chiave per realizzare una delle mete a cui l’essere umano, più o meno consapevolmente, tende nella sua evoluzione: i giusti rapporti umani.
##Continua nei due post successivi "Mi sento usato/a" e Chi usa chi


Per richiedere un colloquio di counseling o un'introduzione alla Biomusica e Meditazione contattatemi qui o su: Sara Bini Le Vie per l'Armonia

domenica 10 maggio 2015

TALKIN' ABOUT SPIRIT - "Trasumanar significar per verba..."

“Io, a parte quelle 3/4 apparizioni a Lourdes, non è che mi sento poi così tanto spirituale” (Sara Bini)

Oltre a quelle relative all’amore e affini, altre parole oggigiorno largamente abusate e fraintese sono ‘spiritualità’, ‘spirito’ e ‘spirituale’. C’è chi le connota immediatamente in senso religioso, chi in senso esoterico, chi in senso alcolico. Ognuno fa le associazioni a cui è stato più abituato o che lo riguardano più direttamente.  Difficile descrivere o raccontare in modo univoco e razionalistico ciò che si può intendere con ‘spirito’: in effetti si tratta principalmente un’esperienza. Tuttavia le esperienze di ‘spiritualità’ o le persone ‘spirituali’ presentano tratti comuni che ci possono dare qualche dritta riguardo tali concetti.

Una delle grosse trappole è forse considerare lo ‘spirituale’ come qualcosa di avulso dalla realtà quotidiana, lontano anni luce dalla cosiddetta ‘materia’ e appannaggio esclusivo di pochi eletti (monaci, eremiti/medium/guru ecc.). D’altra parte, mi risparmierei anche i dibattiti filosofici del tipo ‘Tutto è Spirito,  il dualismo non esiste, tutto è Uno, rosso di sera bel tempo si spera, ecc. ’ che lasciano il tempo che trovano specie se non tradotti in qualche modo nella propria pratica di vita. 
M’interessa di più dare un significato pragmatico a quella che per me è l’esperienza spirituale, per quanto mi è stata possibile fin ora, alla luce di una consapevolezza limitata e pertanto desiderosa di crescere ed espandersi. 'Spirito', per me, ha più a che fare con qualità come il coraggio, il senso di responsabilità e l’impegno quotidiano piuttosto che con la fuga dalla realtà o la clausura in un ashram dell'India. Sia ben chiaro, questi momenti o luoghi sono assolutamente importanti e necessari per raccogliersi, contemplare e rigenerare le nostre forze. Non solo, la preghiera e la meditazione sono un servizio molto più ‘attivo’ di quello che potrebbe apparire poiché vanno a modificare direttamente le frequenze vibratorie in cui siamo immersi. Quello che invece volevo sottolineare è l’intenzione che soggiace a determinate azioni o scelte di vita. 

Sempre secondo me, ‘spirito’ è anche lo sforzo di comprensione e di unione aldilà dei punti di orgoglio e separazione; è la capacità di  sacrificare l’interesse personale a favore dell’interesse collettivo. Lo ‘spirituale’ quindi non pertiene solo agli angeli ma si legge nei giusti rapporti umani - dove l’elemento ‘umano’ appunto, fatto di empatia, rispetto e calore, prevale sul  fattore razziale, sociale o sessuale. 
‘Spirito’ è includere piuttosto che dividere, aprirsi piuttosto che chiudersi, saper bilanciare il distacco con l’amore, la saggia discriminazione con l’aspirazione a una più elevata fusione. Concludo con le parole di Assagioli, a mio avviso sintesi chiara e puntuale delle riflessioni su questo tema : “Così, spirituale è, in qualche misura, tutto ciò che nell'uomo lo induce a superare il suo esclusivismo egoistico, la sua paura, la sua inerzia, il suo edonismo; tutto ciò che lo porta a disciplinare, a dominare e dirigere le forze incomposte istintive ed emotive che si agitano in lui, tutto ciò che lo induce a riconoscere una realtà più ampia e superiore, sociale o ideale, ed a inserirsi in essa, varcando i limiti della propria personalità.”

Ph.Diana Jaramillo/Michele Baragatti
Per richiedere un colloquio di counseling o un'introduzione alla Biomusica e Meditazione contattatemi qui o su: Sara Bini Le Vie per l'Armonia

sabato 18 aprile 2015

TALKIN’ ABOUT LOVE - “Poi s’ascose nel fuoco che gli affina”

“Per un essere umano amare un altro esser umano: questo è forse il compito più difficile che ci è stato affidato, il compito ultimo, il test e l’esame finale, l’opera per cui tutte le altre opere non sono che una preparazione.”(R.M.Rilke)


Per una serie di recenti vicende, mi sono trovata a riflettere molto sulla parola ‘amore’ che tutti sappiamo quanto sia usata e talvolta ab-usata. Se mi guardo intorno, se apro un giornale, mi sembra che gran parte di ciò che noi essere umani abbiamo chiamato con questo nome sia in realtà qualcos’altro, o una sua versione di serie Z. Prendiamo ad esempio l’amore tra genitori e figli: quello che più spesso è stato paragonato all’amore di Dio in virtù della sua potenza, profondità, disinteresse e gratuità. Senza arrivare a purtroppo sempre più diffusi ‘estremi’ , tipo genitori che uccidono o sequestrano i figli e viceversa, saltano comunemente agli occhi le costanti  manipolazioni subite da molti bimbi nel rapporto di potere tra i due genitori. 


Se poi osserviamo il mondo delle coppie, il panorama non è tanto più rinfrancante; lo si potrebbe condensare nelle incisive parole-laser di Byron Katie “Le personalità non amano; vogliono qualcosa”. In questo ‘volere qualcosa’ Katie mette perfino il semplice desiderio di essere contraccambiati, figuriamoci il resto (soldi, prestigio, affetto, riconoscimento, sicurezza, sesso…)! Finché l’umanità agisce soltanto a livello di personalità -ossia di istinti, emozioni e pensieri stereotipati- i rapporti ‘d’amore’ appaiono poco più che ‘contratti’ di scambio merci secondo equilibri più o meno funzionali e precari. 
Tali compromessi o accomodamenti possono tuttavia rappresentare un passaggio necessario e anche evolutivo, specialmente se il rispetto umano e  l’ affetto sincero -che provengono da livelli più profondi della mera emotività- illuminano quella relazione.Tale calore e tale rispetto possono sì essere momentaneamente oscurati da dinamiche di dominio e controllo, ma riemergono vividi e vitali non appena uno dei membri in gioco parla a cuore aperto e l’altro ascolta con altrettanta umiltà e apertura. Questo è già la cellula germinale di un amore degno di essere chiamato tale: si comincia ad andare oltre alle compra-vendite dell’ego, ai pregiudizi su uomini e donne o alle frustrazioni personali. 


Quando invece sono il potere, la paura e il controllo a prevalere sull’affetto e sulla buona volontà, ecco che le situazioni dolorose si incancreniscono negli individui, nelle coppie, nelle famiglie e, di riflesso, nella società. Ognuno si barrica nella sua armatura di paure, ferite, rancori, certezze assolute e pensieri di separazione. Si prova quasi un piacere perverso a enumerare i punti di conflitto piuttosto che a cercare i momenti di unione, bellezza.
Sia chiaro, è un bene che certi rapporti finiscano, specialmente quando sono particolarmente male assortiti, distruttivi o con forti disarmonie nei tempi di crescita degli individui coinvolti. Anche in questo caso, tuttavia, si può chiudere una relazione in due modi: scalciando e aggredendo o con una certa dose di generosità e dignità. In quest’ultimo caso, va da sé che è più facile salvare il salvabile e non buttare via il bimbo insieme all’acqua sporca.
Benché uscire dall’orgoglio, dalla lamentela, e dal vittimismo sembri un’impresa titanica, si tratta di un tipo di lavoro interiore che ripaga molto in serenità e qualità di vita . Se non altro, ci porta a un punto di pace nel rapporto più imprescindibile e importante che abbiamo: quello con noi stessi - misura essenziale e modello finale del rapporto che instauriamo con gli altri.




Per richiedere un colloquio di counseling o un'introduzione alla Biomusica e Meditazione contattatemi qui o su: Sara Bini Le Vie per l'Armonia

lunedì 30 marzo 2015

UN EPOS AL FEMMINILE: ‘I figli di Lilith’ di Isolde Kurz

“Chiedo venia, sei capitato male. Non sono una donna di facili ormoni.” (Sara Bini)

Questo lavoro, che è possibile trovare al link "I figli di Lilith. Un tributo a Isolde Kurz e al Divino in ogni donna", si propone di portare un po’ di luce su Isolde Kurz, autrice tedesca vissuta a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, e sulla sua produzione letteraria. Conosciuta soprattutto per le sue ‘Novelle Fiorentine’, trascorse gran parte della sua vita a Firenze e a Forte dei Marmi, facendo dell’Italia e della Toscana la sua patria ideale. Troppo moderata per la critica femminista, troppo spirituale per una civiltà materialista e troppo ‘classica’ per un secolo di avanguardie, Isolde è stata prematuramente messa nel cassetto dalla critica letteraria tedesca e, di conseguenza, da quella internazionale.
Molte delle sue opere sono dunque rimaste non tradotte e ovviamente non commentate. Io ho deciso di tradurre e analizzare un suo epos del 1908, “I figli di Lilith”. Sono circa una sessantina di pagine, è  scritto in rime baciate e venne pubblicato con caratteri goticheggianti. Nella traduzione ho tentato di mantenere la musicalità dell’originale tramite giochi di allitterazioni e assonanze. 

Qui Isolde opera un’interessante rivisitazione del mito di ‘Lilith’, il lato oscuro del femminile, contenitore di tutti quegli aspetti della donna sommersi e repressi dalla cultura patriarcale. Dalla tradizione recupera il tema di Lilith come prima compagna di Adamo ma, invece che strega ribelle, ne fa una sorta di intermediario tra la Terra e il Cielo, una ‘donna angelo’ che tuttavia mantiene intatta tutta la sensualità e l’eros di una donna umana. Sarà Eva, la donna puramente ‘materia’ che, facendo leva sull’istinto di potere di Adamo, stravolgerà il Piano Divino confinando il compagno alla volgarità e ai bassi istinti. Tuttavia Lilith e Adamo, nel loro breve idillio, hanno concepito un figlio, che tornerà sulla Terra devastata dalla stirpe di Eva in successive incarnazioni: artista, condottiero, filosofo…e in ogni caso guida e luce per l’umanità.



Credo che sia giunto il momento storico adatto per la ricezione di questo poema: passato il femminismo estremo e giunti a un’epoca indefinibile dal punto di vista della sperimentazione letteraria, il messaggio di Isolde sull’armonia tra i sessi e una rinnovata visione della donna risulta quantomai attuale, essenziale e pieno di speranza.


Per richiedere un colloquio di counseling o un'introduzione alla Biomusica e Meditazione contattatemi qui o su: Sara Bini Le Vie per l'Armonia

domenica 22 marzo 2015

NO TIME FOR KARMA - I nuovi Che Guevara

‘No time for karma - Non c’è più tempo per il karma’ (Paxton Robey)


Forse mai come oggi l’umanità è stata sottoposta a una serie così serrata di sconvolgimenti su tutti i fronti: climatici, politici, economici, sociali. Ciò sembra testimoniare l’affacciarsi di un deciso cambiamento di paradigma, una vera e propria rivoluzione percettiva e mentale.
Tale spinta impone all’uomo di rinnovarsi e di prendere velocemente una posizione: o il vecchio o il nuovo, o a favore della ben nota visione materialista/egoistica o a sostegno di valori comunitari come l’innocuità, la fratellanza, il servizio all’umanità. Anche chi non percepisce la portata ‘interiore-energetica’ di questa accelerazione sente comunque un vago senso di pressione che lo spinge a cercare di raggiungere i traguardi biologici/sociali con una certa impellenza. 


Per chi invece è capace di percepire la rivoluzione di coscienza in atto - i nuovi Che Guevara dell’umanità - ‘non c’è tempo da perdere’ significa dirigersi verso l’essenza delle cose e non più verso l’apparenza. Comincia così un naturale processo di ‘scrematura’ rispetto a ciò che è divenuto futile, vecchio e ‘superato’ nelle nostre vite: relazioni sentimentali stagnanti o disfunzionali, lavori mortiferi, amicizie di comodo. Un nuovo modo di pensare e di essere si profila all’orizzonte.
Voglio l’amore? Piuttosto che razzolare sui siti d’incontri o messaggiare allo sfinimento ogni potenziale ‘preda’, m’impegno ad ‘essere amore’ e a ‘dare amore’ incondizionatamente. Comincio a notare -e quindi ringraziare- le mille forme in cui l’amore è già presente nella mia vita, non fosse altro il cibo che ogni giorno mi sostiene o la casa che mi protegge dal freddo.  Non sarebbe nemmeno male ringraziare quegli amici comprensivi e fedeli che continuamente molliamo e dimentichiamo a ogni nuovo fidanzato/a. 


Voglio un lavoro stabile? Inizio a lavorare su di me, unico lavoro che non soffre di precariato, per quanto ne so. E’ sempre disponibile, sempre presente, apre il cuore e la mente oltre alle porte di una serena abbondanza e fiducia nell’esistenza.
Voglio un figlio? Posso iniziare con l’amare anche i figli altrui o coloro che non hanno genitori.  Posso cominciare a ‘curare’ e dare attenzione alla Vita ,  diventando così madre/padre dell’umanità. Posso anche dedicarmi alla creazione in altre forme: dal fare una torta che rallegra i palati allo scrivere una poesia che fa vibrare i cuori.
“Non c’è tempo da perdere” - e , appena mi rilasso portando attenzione, grazia e presenza in ogni istante della mia vita - mi accorgo che, in realtà, non c’è proprio  ‘il tempo’.

#Vedi post precedente No Time To Lose


Ultima foto di Massimo Pistolesi
Per richiedere un colloquio di counseling o un'introduzione alla Biomusica e Meditazione contattatemi qui o su: Sara Bini Le Vie per l'Armonia