domenica 7 luglio 2019

WE ARE THE CHAMPIONS, MY FRIENDS: l’amicizia, seconda parte


“Ma, alla fin fine, lo scopo è essere felici in una realtà che rendiamo felice, alla quale dare il senso più vero, più ampio e più bello possibile.”(Carlo Dorofatti, da 'Anima e Realtà')



L’amicizia è amore senza sesso, e ciò lo rende un sentimento ancor più delicato e ‘fragile’ rispetto al rapporto di coppia, poiché l’aspetto sessuale è un potente collante e aggregatore nelle relazioni. Eppure, per una persona intelligente e sensibile, l’amicizia comporta una serie di emozioni, aspettative, illusioni e conseguenti delusioni molto intense e molto simili a quelle dell’amore romantico. 
Per quanto mi riguarda, ho sofferto molto di più le delusioni da parte degli amici che quelle riguardanti i miei rapporti romantici.  Forse perché, non sentendomi portata per la vita di coppia o per la famiglia,  l’amicizia è un valore sul quale ho sempre scommesso molto e, devo dire, talvolta ciecamente e a sproposito.


Nonostante ciò, è anche vero che quando si investe passione ed energia su qualcosa, si tratti di relazioni, lavoro o altro, prima o poi abbiamo dei risultati. Procedendo in una fase più matura della mia vita, osservo che incontro persone nuove inspiegabilmente vicine al mio sentire e al mio cuore, laddove lentamente si defilano coloro con cui, a dispetto degli anni insieme, di base c’è poca affinità. In amicizia, come in amore, chi è ‘in cammino’, cioè disponibile a mettersi in discussione e a cambiare ciò che non va, deve anche essere pronto ad accogliere ‘gli arrivi’, cioè i  nuovi incontri, così come le inevitabili ‘partenze’ o ‘defezioni’ di figure del passato. 


Concludo con un brano tratto dal ‘Demian’ di Herman Hesse, tra l’altro già citato in apertura alla prima parte dell’articolo. È un libro di cui consiglio vivamente la lettura perché descrive in modo preciso e sentito quella rara e sublime forma di amicizia tra anime, più che tra personalità, così feconda per la crescita umana e spirituale delle persone coinvolte nel rapporto. Il brano seguente tratteggia molto bene il sentire che mi unisce a quelli che posso chiamare, profondamente, ‘amici’: 



Il nostro compito era quello di formare in mezzo al mondo un’isola, forse un modello, in ogni caso però l’annuncio di differenti possibilità di vita. Imparai, dopo una lunga solitudine, a comprendere la vita in comune tra persone che hanno provato la completa solitudine. […] Noi potevamo essere ritenuti dal mondo strani, sì, o pazzi o pericolosi, e con ragione. Eravamo ‘risvegliati’ o sulla via del risveglio, e il nostro impegno tendeva a un risveglio sempre più compiuto e perfetto, mentre l’aspirazione della massa alla felicità consisteva nel subordinare sempre più strettamente al gregge le proprie opinioni, i propri ideali e doveri.[…] L’umanità - che loro amavamo quanto noi- era per loro qualcosa di compiuto, che andava salvaguardato e protetto. Per noi, l’umanità era un lontano futuro, verso il quale tutti eravamo in cammino, di cui nessuno conosceva l’aspetto, le cui leggi non erano scritte in nessun luogo.”

##Vedi il post precedente Ci vorrebbe un amico...


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