domenica 13 gennaio 2013

Orfeo : Poeta, Amante e Maestro 8 - Il linguaggio dell'amore




Nella prima Enneade di Plotino, specialmente nel capitolo della ‘Dialettica’, vengono delineati tre tipi di uomini: l’Artista-musicista, l’Amante e il Filosofo-esoterista. Possiamo osservare come Orfeo li incarna e sintetizza tutti e tre. Per Plotino queste sono le tipologie di uomini che possono tentare la liberazione dell’anima e quindi l’accostamento al divino:
“Ma che uomo deve essere, quello che tenta l’ascesa? Forse uno che ha già ‘passato tutto’ o uno che con  ‘la sua prima nascita’(quella della carne) è caduto nel germoglio di un futuro filosofo, amante o musicista?”


Così, secondo Plotino, l’arte (specialmente la musica), l’amore e la filosofia rappresentano vie verso l’alto, verso il ‘Nous’, cioè il platonico mondo delle Idee. La materia è per lui un concetto-limite: è pura potenzialità e quindi totalmente neutrale, né buona né cattiva. Diventa però un principio maligno quando il principio maschile demiurgico ci proietta il proprio egocentrismo, i propri appetiti e desideri identificandosi con essi e dimenticandosi del ‘Padre’ (lo spirito). Ecco perché occorrono le purificazioni, l’aiuto dei Maestri, le scuole misteriche e il ‘conosci te stesso’ dell’oracolo di Delfi.
Ad ogni modo Eros, il desiderio, è comunque la guida e il motore del ritorno. Si manifesta come un tipo speciale di struggimento, una nostalgia di pienezza, completezza e gioia duratura. Quando siamo toccati da Eros si diventa naturalmente un poeta, in senso platonico, poiché la poesia e la musica sono il linguaggio dell’amore.


Eros si presenta al musicista che all’amante in primis come desiderio della bellezza sensuale (corpi e suoni), mentre il filosofo “già pronto e , si può dire ‘alato’”, osa direttamente la trascendenza. Eppure l’ascesa dell’anima non è assolutamente una semplice e fredda presa di coscienza poiché il filosofo altro non è che il logico sviluppo del poeta o del musicista iniziato. Alla resa dei conti tutte le strade diventano una, perché l’Uno è la meta comune. Concludo con un’altra citazione di Rilke, che a mio avviso condensa magistralmente l’essenza del divino Orfeo:
Il canto è Esserci. Facile a un Dio.
Ma siamo noi? E quando volge lui
 all'esser nostro la terra e le stelle?
 Se ami, ragazzo, tu non sei per questo,
s'anche irrompe la voce in bocca - un tale
 impeto sappi obliare. Si perde.
 In verità, altro soffio è il canto: un soffio
 nel nulla. Un alitare nel Dio. Un vento. 



Orfeo : Poeta, Amante e Maestro 8 - Le due varianti del mito




Secondo me si possono trovare tracce di questo processo alchemico nella poesia di Rilke ‘Orfeo.Euridice.Ermete’. Come è noto, questo poeta era molto interessato all’esoterismo e soprattutto alla figura emblematica di Orfeo. Rilke descrive Euridice con espressioni ‘alchemiche’:
“…chiusa in sé come un grembo che prepari una nascita,[…]
Ella era in una verginità nuova
ed intangibile […]
E non era più lei la bionda donna
che echeggiava talvolta nei canti del poeta,
isola profumata in mezzo all’ampio letto;
né più gli apparteneva.
Come una lunga chioma era già sciolta,
come pioggia caduta era diffusa,
come un raccolto in mille era divisa.
Ormai era radice.”


Le due varianti del mito mostrano quindi le due diverse situazioni in cui si può trovare l’aspirante. La prima, cioè la versione platonica, entra in gioco quando la rettificazione, cioè il viaggio negli inferi viene intrapreso senza aver sviluppato le qualità necessarie, tipo il giusto intento o la buona volontà. Allora il subconscio produce immagini false, rappresentazioni fuorvianti e altre autoillusioni per distrarre l’aspirante sul Sentiero. La seconda versione invece è ancora più dolorosa perché l’aspirante possiede le qualità appropriate ma c’è ancora un ‘guardiano della soglia’ che gl’impedisce di voltare definitivamente le spalle al passato. Così sia Euridice, il principio femminile, sia Orfeo, il principio attivo maschile non riescono a liberarsi dalle tenebre e dal dolore. Infatti nella poesia di Rilke troviamo anche :
“Se per un attimo
gli fosse dato volgersi (se il volgersi a guardare
non fosse la rovina dell’intera sua opera
prima del compimento)”


La fase della Coagulatio infine è la nuova forma che l’anima affrancata e redenta prende illuminata dallo spirito, simboleggiato dall’oro. L’opera alchemica consiste in un raffinamento della natura umana, che viene risvegliata da una vita meccanica e materialistica e riportata alla sua origine divina.

Orfeo : Poeta, Amante e Maestro 7 - La smaterializzazione della materia




Dopo il breve excursus sul concetto di ‘esoterico’,  vorrei tornare a Orfeo e a una lettura in chiave alchemica della storia sua e di Euridice.
Trovo un’analogia interessante tra la discesa nel regno dei morti e la fase di ‘Nigredo’ o ‘opera al nero’ del processo alchemico. L’alchimia cerca di trasformare il metallo più vile in oro e, sebbene ci siano varie varie fasi in questo lavoro, si possono tuttavia individuare due passi fondamentali: la ‘Solutio’ (dissoluzione) e la ‘Coagulatio’ (solidificazione). “In questo contesto la Solutio indica la riconduzione della materia al suo stato primigenio e quindi il discioglimento delle sue stesse strutture […]. Questa dissoluzione è inoltre una lotta tra opposti che finisce con la morte; questo è il ritorno all’origine […]. La morte –spesso denominata ‘Nigredo’- è il cardine del lavoro alchemico senza la quale non si procede”

Naturalmente questo procedimento ha un significato simbolico: la trasmutazione del piombo in oro allude alla trasmutazione della materia in spirito che il candidato ai Misteri deve compiere in sé. La ‘Solutio’ e la ‘Nigredo’ stanno per la purificazione della propria parte materiale necessaria a una rinascita interiore.
Tornando brevemente in ambito psicologico si potrebbe dire che il candidato non deve solo ‘redimere’ il suo passato e il rimosso ma anche il passato cristallizzato dell’umanità (l’inconscio collettivo junghiano). Da ciò nasce un confronto continuo con tutto il materiale umano, gl’impulsi, le passioni ma anche i concetti, i sistemi di credenze e di pensiero che si sono accumulati nelle varie ere. Solo così si recupera Euridice, ossia l’anima pura, la materia prima che viene chiamata anche ‘vergine’. Si tratta di una nobilitazione, di una liberazione, si potrebbe quasi dire una smaterializzazione della materia stessa.