domenica 9 dicembre 2012

Orfeo : Poeta, Amante e Maestro 5 - Lo sguardo proibito e la libertà del Bello



Sotto questa luce, lo sguardo proibito di Orfeo allude al fallire del dilettante, che si trastulla e permane nella  materia, cioè nell’elemento dionisiaco, incapace sia di gestirla che di cantarla. In questo caso non si realizza il necessario passaggio dall’individuale all’universale che invece caratterizza la vera opera d’arte. Espresso in modo estetico si potrebbe dire che la materia e l’artista non raggiungono la ‘Libertà del Bello’.
Lo sguardo di Orfeo è quindi “estraneo al canto: è l’impeto del desiderio” e conseguentemente l’arte non diventa più una sorta di purificazione. Schiller scriveva nelle sue famose ‘Lettere’: “ Esiste un’arte bella delle passioni, ma una bella arte passionale è una contraddizione poiché l’immancabile effetto del Bello è la libertà stessa dalle passioni”. Proseguiva quindi, parlando dell’importanza della sostanza ‘Mater’ che deve essere solo ordinata e  trasfigurata dal Poeta-Maestro: “La bellezza è comunque opera della libera osservazione. Con essa entriamo nel Mondo delle Idee ma, e questo è notevole, senza lasciare il mondo dei sensi. […] Sarebbe infatti un’impresa vana voler separare questa relazione tra la percezione sensibile e la rappresentazione della bellezza”.


Il riferimento di Schiller al Mondo delle Idee ci porge l’occasione di riconsiderare anche l’altra versione del mito, quella del Simposio. E’ facile individuare in essa una traccia della critica platonica all’arte in quanto  ‘mimesis mimeseòs’ (imitazione dell’imitazione). Orfeo in tale ottica sarebbe semplicemente un ‘giocatore’ , un esteta (alla Kierkegaard) per il quale “tutto è materiale e niente esistenziale”.
Tuttavia la contrapposizione tra la  “donna reale” e la “donna-ombra” può anche illustrare la problematica del rapporto tra realtà e arte. Come afferma Heidegger, nell’opera d’arte si manifesta  ‘l’accadere della Verità”. Questa è la differenza fondamentale tra il dilettante e il vero artista, il giocatore e il maestro, il sofista e il filosofo: uno imita e confonde, l’altro svela e rischiara. Ciò significa che l’autentica opera d’arte è un’epifania dell’Altro, laddove questo ‘Altro’ è la Verità stessa intesa nel senso greco del termine ‘alatheia’: il dinamico disvelarsi dell’Essere. Heidegger va ancora oltre e definisce la poesia come ‘l’essenza dell’arte’ in quanto “il vero progetto poetico è l’aprirsi di Quello in cui l’Esserci è già storicamente gettato”.


Qui Euridice diviene l’Esserci caotico e ancora informe di cui Orfeo si fa guida consapevole e saggia. Chiaramente ho già varcato in confini della filosofia e dalla metafisica, forse anche perché non vedo confini netti tra tutti questi campi. Citando ancora Novalis “la poesia è la protagonista della filosofia” e concludo con Goethe “il materiale è visibile a tutti, i contenuti sono trovati solo da coloro che hanno occhi per vederli e la forma resta un segreto per i più”.


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