domenica 8 marzo 2015

FORGIVE AND FORGET - Perdona e dimentica

Time is on my side - Il tempo è dalla  mia parte (Mick Jagger)

La forma di dimenticanza che invece vorrei ‘elogiare’ è quella che facilita una sana distanza dalla propria storia e dalle beghe personali. Ha una qualità di perdono e leggerezza, invita a muoverci con una certa agilità lungo le strade della vita. Come rispose una volta Massimo Rodolfi a chi si lamentava ‘che le sue valige erano pesanti’: “Ragazza, nel regno dei Cieli si entra al massimo con un beauty-case”.


Beninteso, occorre prima averla vissuta, sentita e anche sofferta in pienezza la propria storia per poi poterla davvero lasciare andare, specie nei suoi momenti più dolorosi. Tuttavia si nota un certo affezionamento, anche un po’ perverso, ai nostri problemi, alla nostra sfiga, alle nostre sconfitte, alle nostre paure. 
Non di rado, tutti questi ricordi infelici - talvolta anche nostalgicamente felici - sono una zavorra che ci impedisce di andare realmente avanti. Zavorra anche nel senso più letterale del termine, perché i pesi interiori hanno la brutta tendenza a tradursi in peso corporeo o incapacità di dimagrire. Consideriamo un po’ quanta gente, quante situazioni, quanta roba portiamo mentalmente costantemente con noi.


Tutto ciò solo per parlare del livello emotivo, per cui voglio spezzare una lancia anche a favore della dimenticanza sul piano mentale, quello dei concetti, delle nozioni. Quasi tutti avremo sentito la favola zen del filosofo occidentale che va dal Maestro zen per imparare questa disciplina. Nel prendere il tè, quest’ultimo continua a riempire la tazza benché già piena. Alla protesta del filosofo il maestro risponde che occorre prima svuotarsi di quanto già si pensa di sapere per apprendere qualcosa di nuovo.
Dunque è necessaria una serena ‘dimenticanza’ del conosciuto e delle nostre sacre auctoritates per potersi accostare alla vera conoscenza - alla Sophìa - con freschezza, simpatia e stupore. Elogio perciò l’ignoranza nel senso socratico del termine, ossia il saper lasciare in noi uno spazio aperto al ‘non so’, all’Altro, alla Vita. Probabilmente solo così è possibile superare la noia, la coazione a ripetere, il senso di pesantezza, torpore e impasse che spesso caratterizzano noi, umanità contemporanea.



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