lunedì 30 luglio 2018

È TUTTO QUI? - IS THAT ALL THERE IS? - Prima parte

“Allora mi sono detta:
E’ tutto qui?
Tutto qui?...
Se è tutto qui, amici miei, allora continuiamo a ballare.
Stappiamo l’alcol e facciamo baldoria. -  And I said to myself 
Is that all there is ? "
Is that all there is?
If that's all there is, my friends, then let's keep dancing
Let's break out the booze and have a ball
If that's all there is.”(Peggy Lee)



Ho riportato in apertura un pezzo della canzone di Peggy Lee “Is That All There Is?” che si potrebbe tradurre con un “Sta tutta qui la vita?”. Non so se vi è mai capitato di porvi questa domanda, di guardarvi intorno un po’ spaesati e chiedervi “Ma questo è tutto quel che c’è? Possibile che la vita stia tutta qui, nel lottare per un lavoro, per una posizione sociale, nel cercare marito o moglie, fare figli, sperare nella pensione, invecchiare e morire?”
Se almeno una volta avete fatto questa riflessione, che magari vi ha anche un po’ spaventati, benvenuti allora nel ‘club degli stranieri’ o, come talvolta definisco scherzosamente ‘il club degli estraniati’. Io ne sono un membro onorario, perché è praticamente da quando sono qui che incarno questa domanda, questa struggente nostalgia verso orizzonti più vasti e verso una vita più libera, creativa e intensa.


Sto parlando di una tensione esistenziale che non si può risolvere  in senso  materialistico e quantitativo, tipo più relazioni, più viaggi, più studio, più soldi, più comfort. No, è piuttosto un reclamare il nostro diritto alla pienezza e alla felicità durature, un diritto sancito da un’origine spirituale, non puramente materiale. Il corpo invecchia e muore; la Vita, lo Spirito, no. Si tratta quindi del ricordo di un’altra Patria, di un’altra dimensione in cui siamo creatori di realtà armoniose e non vittime di circostanze opprimenti, di leggi fisiche, di governi inconcludenti e catastrofi naturali.


La nostra situazione ricorda un po’ la Parabola del Figliol Prodigo, che dallo splendore della Casa del Padre si ritrova a mangiare il cibo dei porci. È quindi la storia della nostra anima, intesa come il nostro più intimo essere, la nostra scintilla di luce che si perde nelle esperienze del mondo e si scorda chi è e da dove viene. 
Inizia così la sua disperata ricerca di pace e felicità nel fidanzato, nella famiglia, nella salute, nel lavoro fisso - in breve, in una realtà per sua natura instabile e illusoria. Così facendo, salta di desiderio in desiderio, e spesso di delusione in delusione, dimenticando se stessa e la sua intrinseca bellezza e completezza.



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