“Quando sono nel mio studio e sto creando qualcosa di bello sono alta, bionda e assomiglio a Cameron Diaz. Appena esco divento una donnetta scialba con la sinusite.” (Sara Bini)
Di chi t’innamori? Come t’innamori?
Ogni tanto mi metto a riflettere su questo fenomeno e sulle varie modalità possibili di viverlo. Per esempio, una cosa che mi ha sempre intrigato è il processo d’identificazione con l’amato/a. Esso diviene particolarmente evidente negli adolescenti che s’innamorano di personaggi ‘impossibili’ (stelle della musica o del cinema). Sorridiamo quando vediamo una ragazzina o un ragazzino comportarsi come il suo attore o cantante preferito; in realtà, a un altro livello, la situazione può essere interpretata in modo meno banale.
Intanto ‘l’amore impossibile’ rispedisce il sentimento al mittente, che deve quindi fare i conti con la frustrazione del suo desiderio e trovare metodi alternativi per gestire tale flusso di energia. L’emulazione dell’oggetto amato diventa allora un modo indiretto per ‘appropriarsene’ - e se il modello è stato scelto perché rappresenta qualcosa di valido - l’innamoramento potrebbe risultare in un arricchimento e in una crescita della personalità dell’amante stesso.
Qui ecco che entra in ballo anche il processo di idealizzazione. Molti di noi hanno sperimentato che non è un meccanismo confinato ai soli amori adolescenziali o non esisterebbero le fatali delusioni e disillusioni all’interno dei rapporti d’amicizia e d’amore. Idealizzare significa investire l’oggetto amato di qualità che non possiede o che possiede solo in parte, trascurandone i limiti e le parti oscure.
Chi o cosa vediamo nel nostro partner? Se quelle qualità ci stanno tanto a cuore - siano esse la forza, la dolcezza, il coraggio, la sicurezza, l’intelligenza, la cultura - perché non le sviluppiamo in noi? In tal modo non ci abbandoneranno mai, a dispetto di tutte le inevitabili delusioni a cui andremo incontro nei rapporti umani e che probabilmente noi stessi ‘infliggeremo’ involontariamente ad altre persone.
In linea di principio, l’apprendimento di quei pregi che riconosciamo nel compagno/a è un passaggio a cui non siamo abituati e perciò non viene preso molto in considerazione. Non ci sfiora il pensiero che, se siamo capaci di concepire tali qualità, significa che non ci sono così estranee, anzi - le abbiamo già in potenza dentro di noi.
Naturalmente, mettersi a lavorare su di noi per evocare e coltivare certe potenzialità appare più faticoso che ‘usufruire’ o appoggiarsi a quelle altrui. A mio avviso, il vero matrimonio è una faccenda interna: nasce da un processo d’integrazione e completamento nell’individuo. Certo, il partner o gli amici, possono essere un ottimo spunto per intravedere possibilità che non pensavamo di desiderare o avere in noi.
Sto parlando qui di rapporti abbastanza ‘sani’, non di quelli in cui più o meno consapevolmente siamo affascinati dal negativo, piuttosto che dal positivo, nel nostro partner. Nemmeno mi riferisco a quei rapporti in cui la scintilla di attrazione è puramente sessuale o materiale (sicurezza economica, prestigio sociale ecc…). Che siano corrisposte o meno, se ci divertiamo a indagare un po’ i moventi delle nostre attrazioni, potremmo scoprire cose interessanti su noi stessi e dipendere meno dal ‘favore’ o dall’approvazione degli altri.
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