venerdì 29 marzo 2013

EPT: Il Songwriting - la scrittura di canzoni





Ora, vorrei poter scrivere una melodia così semplice, mia cara,

che possa preservarti dalla follia

che possa calmarti, alleggerirti e sollevarti

dal dolore della tua inutile conoscenza (Bob Dylan, Tombstone Blues)

Il Songwriting (letteralmente “scrittura di canzoni”) è una specifica tecnica della musicoterapia attiva che comprende sia le canzoni composte dal musicoterapeuta per l’utente che le canzoni composte dagli utenti in un processo facilitato dal musicoterapeuta.
In genere il facilitatore-musicoterapeuta apre la sessione con una discussione che cerca di mettere a fuoco un argomento/problema che coinvolge il gruppo in quel momento. 


Quindi vengono raccolte alcune parole-chiave relative a tale argomento e vengono ‘messe in storia’. Ecco che si arriva alla fase davvero ‘formale’ e organizzativa dei contenuti: si mette cioè la storia in rima. In concomitanza e in seguito a ciò si cercano soluzione ritmiche melodiche e armoniche che trasportino la storia-poesia nel mondo della canzone.
Gli obiettivi sono anche in questo caso la comunicazione e condivisione protetta del proprio sentire e dei propri vissuti, lo sfogo delle tensioni, l’aumento dell’autostima da parte dei partecipanti al processo.
 Per richiedere un colloquio di counseling o un'introduzione alla Biomusica/ meditazione contattatemi su:
Sara Bini Le Vie per l'Armonia

giovedì 21 marzo 2013

ANDANDO A CASA










Nuvole di sole si allontanano all’infinito
La mia gioia è carica di fiori
Sì, perché torno a casa
Finalmente, sulla strada di casa

E’ molto che sono morta
eppure vivo ancora
il resto non lo so

Dio sorride al mondo
attraverso la primavera
E scioglie il muto inverno
tra le lacrime die miei occhi
Torno a casa
Finalmente, sulla strada di casa








giovedì 14 marzo 2013

UN SORRISO MILLE VOLTE SORRISO




Da giovane non conoscevo

               il sapore della tristezza

amavo salire sulla torre

amavo salire sulla torre

per scrivere poesie mi sforzavo

di parlare della tristezza



Ora che ben conosco

il sapore della tristezza

vorrei parlarne e mi trattengo

vorrei parlarne e mi trattengo

e dico invece: ma che fresca giornata!

Che bello questo autunno!

(Xin Qui)


 In questi giorni stavo riflettendo sulla natura e sul valore dei sentimenti e delle emozioni. Da brava donna cerebrale e marziale come sono sempre stata, diciamo che trovo una discreta difficoltà a prender contatto con tali parti di me e della vita.  Nel mio massimo delirio di onnipotenza ‘spirituale’ ho pensato addirittura di averle trascese, dominate, trasmutate. E’ chiaro che mi stavo raccontando una pia menzogna, cercavo di difendermi dal dolore.  Quando ho sentito che il mio ideale di perfezione era altamente sterile, asettico e poco felice, ho realizzato che il mio compito era piuttosto quello di essere completa –  non perfetta – ma  integra, intera. Così ho dolorosamente ripreso in mano un’emotività un po’ nascosta e un po’ negata, le ho faticosamente ridato dignità, finché talvolta sono arrivata perfino a  comprenderla, gustarla e ringraziarla.


Sentimenti ed emozioni: ancora oggi, dopo tanto lavoro, il più delle volte me li vivo in differita, sempre un po’ in ritardo, sempre un attimo dopo. Lo noto soprattutto con quelli belli, i moti teneri dell’animo, l’affetto, il legame che inizia a vibrare tra due cuori.
Ecco che buona parte della mia sentimentalità si colora di una nota di nostalgia e di struggimento: è il rimpianto per non essermi abbastanza ascoltata, aperta e manifestata. E’ il non riuscire a dire quel ‘ti voglio bene’  o quel ‘mi manchi’ al momento giusto. E’ il ritrovarsi a parlare di sentimenti con la persona verso cui li provi, senza mai esprimerglieli. E’ il troncare un’emozione nascente con un brusco saluto formale e vuote parole di rito.  E’ dire ‘questa maledetta allergia’ per non ammettere di star piangendo. Orgoglio? Educazione siberiana? Ai posteri l’ardua incombenza.


 ‘Forse non c’è bisogno che i miei confini siano sempre così ben sorvegliati’ , ha detto una volta un mio collega, Stefano Signorini. A osservare tutte queste manovre difensive della personalità e l’assurdità delle situazioni che si creano , ci sarebbe da ridere o, per dirla alla Beckett ‘c’è da torcersi dalle risa ma non se ne è capaci. Non si è capaci di sciogliersi in un sorriso mille volte sorriso’.

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Sara Bini Le Vie per l'Armonia

domenica 10 marzo 2013

ALDILA’ DELL’APPARENZA 2 – Un ‘azzurro inaspettato’

"Se ci fossero regole bisognerebbe trasmetterle. Inciderle nella terracotta, nella pietra, tramandarle. Che cosa conterrebbero. Conterrebbero, tra le altre frasi: non fatevi ingannare da quelli che sono dalla vostra parte" (Christa Wolf, Kassandra)



Lavorativamente, ho sperimentato come sia difficile agire all’interno di un sistema in cui il potere è già lottizzato a priori e che raramente lascia spiragli per esercitare un qualcosa di nuovo. Questo perché anche i migliori del sistema, se non hanno fatto un lavoro su di sé, sulla loro emotività, sulle loro parti oscure – o falliscono o si omologano o, come me, si lasciano annebbiare dalle apparenze.
Ho trovato la più subdola aggressività, avidità e separatività proprio in gruppi o associazioni che si proclamano ‘alternativi’, ‘aperti’, ‘ospitali’ e che sembrano inneggiare alla socialità e alla convivialità. I loro progetti sono bellissimi e lodevoli -sulla carta-  poi l’energia che li muove e le modalità di attuazione trasudano altre qualità. Gruppi e persone di questo tipo sono state altrettanto preziose che i miei ex-partner: mi hanno fatto da specchio e hanno affinato la mia capacità di percezione e discriminazione.


Riepilogando, questo cammino di umiliazione mi ha portato molto più a contatto col reale, facendomi rivalutare  i gesti più semplici, le cose che si danno per scontate o per ‘dovute’. Niente è banale se è genuino, se viene dal cuore, da una volontà di bene che va oltre ai colori, ai nomi, ai vari ‘guru’, 'credo' o partiti. Il dono più bello di questi ultimi anni è stato proprio constatare che questo ‘bene’ ti arriva da dove meno te lo aspetti... lo trovi nei luoghi, nelle persone e nella situazioni più improbabili. 
Da questo capisci quanto ancora  c’è  da imparare, da deporre e da rivedere. Da lì scaturisce anche la fiducia in un piano superiore, dove alla fine al bene torna il bene: in una forma poco visibile, forse, ma a mio avviso altamente desiderabile come la pace interiore.


Poiché gli attestati incorniciati, le migliaia di certificazioni, lo sfoggio di qualificazioni, i titoli e gli ‘onorevoli’  alla fine sono un teatrino di burattini, se non c'è una corrispondente  integrità  della persona. La sicurezza materiale si trasforma in miseria , se non c’è sicurezza interiore. Si va a negare un vuoto che da qualche parte urla dentro e che non può essere riempito da fuori.  Piuttosto lo si comprende  e rischiara nutrendo la nostra parte più luminosa e nobilmente Umana.  Non si tratta perciò solo di una  liberazione ‘dalla’ materia quanto soprattutto di una liberazione 'della’ Materia: si redime e si reinventa il mondo a partire da noi. 
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Sara Bini Le Vie per l'Armonia