martedì 11 febbraio 2025

DANIELE LAMURAGLIA sulla mia poesia

"...E sono le ultime lacrime

di luna

che piango

stasera

amore

per 

te"

(Sara Bini)

Da migliaia di anni la leggiamo, l'ascoltiamo, l'abitiamo, ma la poesia continua ad essere un mistero. Non a caso molte volte è stata associata alla religione, e in molti casi la religione si è nutrita delle sue forme. Nel corso dei secoli alla poesia sono state attribuite differenti regole di composizione, ma ogni volta le ha superate, negate, oltrepassate. 

Se è stato impossibile scoprire il segreto di questa magia, possiamo dire che la sua apparizione è segnata da due proprietà: la musicalità e la capacità d'illuminarci.Queste due qualità alimentano la scrittura di Sara Bini, e tradotte nel suo stile personale manifestano la forza della sua poetica. 

Le frasi sono prosciugate di ogni peso inutile, ogni parola è essenziale. Non hanno nessuna presunzione declamatoria o assertiva, ma al contrario lasciano irrompere la luce dall'evocazione di un'immagine, creando continui stati di sorpresa e d'imprevisto incanto. Il linguaggio muta improvvisamente prospettiva e partorisce il suo contraltare: da un descrizione scaturisce un'invocazione, da una preghiera una visione, da un urlo una nostalgia.

Spesso si pensa che sia un verbo azzeccato o un aggettivo altisonante a creare l'effetto poetico. Nelle poesie di Sara possiamo renderci conto che non è così, e che anche un solitario avverbio, se ci giunge da una successione di parole può traboccare in poesia. È il caso per esempio de “I Soffioni”, che finisce con uno splendido e maiuscolo “Purtroppo”.

È il legame fra spirito e materia che fa scaturire le immagini, evitando così che la scrittura sia un gioco interno a certi artificiosi codici letterari. Non c'è quindi autocompiacimento, ma una ricerca della verità che trae le sue risorse da esperienze vissute, con persone, luoghi, nature, oggetti, dei quali la poesia rivela quei solchi che col tempo divengono le rughe della nostra anima. Lo spirito è richiamato dalla materia, e viceversa. Parole-sensazioni vengono sostituite da metaforiche parole-oggetti, che trasportano la visione nella solidità dei corpi, fino a che questi ultimi riassumono l'impalpabilità delle proprie ombre.

La ripetizione di frasi riecheggia il suono di antiche cantiche o moderne canzoni,  dove l'impressione ha necessità di rintoccare più volte per far sentire la gravità del suo incedere. Là dove la grammatica avrebbe voluto una congiunzione, la poesia di Sara ripete e incide la melodia prima di aggiungere la variazione. Come accade ne “Il Penultimo”, in “Casa”, in “Alla Stazione”.

Questa poetica è come un vino forte, che prima si versa nell'anima a scrosci, poi aspetti le ultime gocce, una per una, cadenzate più volte con la stessa nota, per sentirne il risuonare profondo, quando  l'ebbrezza ha già cominciato a far sbocciare i suoi frutti. 

(Daniele Lamuraglia, a prefazione del mio libro 'Variazioni su Tema')