(F. Aprile, ‘Le cose invisibili’)
Ho sempre pensato che la poesia fosse l’ultima frontiera prima del mistero e del silenzio, il tentativo estremo di dare corpo all’impercettibile. Certo, un conto è pensarlo, un altro è sperimentarlo. Quando ho letto la silloge “Le cose invisibili” di Francesco Aprile, uscita per la casa editrice “Dialoghi” nella collana di poesia “Glifi”, mi si è letteralmente mozzato il respiro.
Il ritmo e la musica dei suoi versi mi hanno avvolta in un alone di sortilegio: la mia percezione si è acuita, raffinata, è diventata allo stesso tempo più intensa e più sottile. Ho sentito bisbigliare giugno attraverso panni stesi e girasoli, ho avvertito il profumo piovoso del segreto celato in un tè al gelsomino.
Eppure non si tratta solo di un affinamento della percezione, con “Le cose invisibili" si varcano anche le soglie della cognizione: ogni poesia è un’epifania, ogni verso indaga l’universo. Assenze e presenze si sovrappongono, s’intersecano e trascolorano in un continuo rimando di echi e ricordi, microcosmi domestici e macrocosmi stellari.
Dal “sasso di uomo finito, piccolo” al compimento supremo della “pietra” a cui sono state donate “le ali”, lungo la Via della Poesia tracciata da Francesco, ogni passo è ascesa e ascesi, premio e perdita, sussurro di visitazione e preghiera a mezza voce.
Del resto, come scrive il poeta, “…solo ciò che non si vede/ è degno di essere raccontato” e, così dicendo, intanto opera la magia: la mente tace e il silenzio canta.
(Sara Bini)
Potete acquistare il libro al link: Le cose invisibili
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