Da giovane non conoscevo
il sapore della tristezza
amavo salire sulla torre
amavo salire sulla torre
per scrivere poesie mi sforzavo
di parlare della tristezza
Ora che ben conosco
il sapore della tristezza
vorrei parlarne e mi trattengo
vorrei parlarne e mi trattengo
e dico invece: ma che fresca giornata!
Che bello
questo autunno!
(Xin Qui)
In questi giorni stavo riflettendo
sulla natura e sul valore dei sentimenti e delle emozioni. Da brava donna
cerebrale e marziale come sono sempre stata, diciamo che trovo una discreta
difficoltà a prender contatto con tali parti di me e della vita. Nel mio massimo delirio di onnipotenza ‘spirituale’
ho pensato addirittura di averle trascese, dominate, trasmutate. E’ chiaro che mi
stavo raccontando una pia menzogna, cercavo di difendermi dal dolore. Quando ho sentito che il mio ideale di
perfezione era altamente sterile, asettico e poco felice, ho realizzato che il mio
compito era piuttosto quello di essere completa – non perfetta – ma integra, intera. Così ho dolorosamente ripreso
in mano un’emotività un po’ nascosta e un po’ negata, le ho faticosamente ridato dignità,
finché talvolta sono arrivata perfino a comprenderla, gustarla e ringraziarla.
Sentimenti ed emozioni: ancora
oggi, dopo tanto lavoro, il più delle volte me li vivo in differita, sempre un
po’ in ritardo, sempre un attimo dopo. Lo noto soprattutto con quelli belli, i
moti teneri dell’animo, l’affetto, il legame che inizia a vibrare tra due
cuori.
Ecco che buona parte della mia
sentimentalità si colora di una nota di nostalgia e di struggimento: è il
rimpianto per non essermi abbastanza ascoltata, aperta e manifestata. E’ il non
riuscire a dire quel ‘ti voglio bene’ o quel
‘mi manchi’ al momento giusto. E’ il ritrovarsi a parlare di sentimenti con la
persona verso cui li provi, senza mai esprimerglieli. E’ il troncare un’emozione
nascente con un brusco saluto formale e vuote parole di rito. E’ dire ‘questa maledetta allergia’ per non
ammettere di star piangendo. Orgoglio? Educazione siberiana? Ai posteri l’ardua incombenza.
‘Forse non c’è bisogno che i miei confini
siano sempre così ben sorvegliati’ , ha detto una volta un mio collega, Stefano
Signorini. A osservare tutte queste manovre difensive della personalità e l’assurdità
delle situazioni che si creano , ci sarebbe da ridere o, per dirla alla Beckett
‘c’è da torcersi dalle
risa ma non se ne è capaci. Non si è capaci di sciogliersi in un sorriso mille
volte sorriso’.
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Sara Bini Le Vie per l'Armonia