All I hear is doom and gloom - Tutto ciò che sento è deprimente
But when those drums go boom boom boom - ma quando i tamburi fanno boom boom boom
Through the night your face I see - attraverso la notte vedo il tuo viso
Baby take a chance - Baby, provaci
Baby won't you dance with me - Baby, perché non balli con me?
(Jagger-Richards)
Nel gennaio del ’93 invece partì il ‘trip’ Rolling Stones. Razzolando tra i vari ‘specials’ sui Beatles, m’imbattei in un video con un Jagger poco più che ventenne e me ne innamorai perdutamente.
Laddove i Beatles rispondevano perfettamente alla mia anima mistica e lirica, gli Stones condensavano quella carica di energia, ironia e leggerezza che mi dava la forza di affrontare il liceo, i ragazzi che a quel tempo mi tiravano le pietre, il paese che reputavo ostile e tutte le turbe psichiche adolescenziali che allietavano la mia indecorosa esistenza.
A fine ’93 The Windows andarono in blocco in pellegrinaggio al concerto di Paul McCartney al Palasport di Firenze. In un mitico momento di silenzio, cinque ragazzine urlarono con tutti i decibel delle loro vocette sgraziate ‘Windows!’. Il rantolo arrivò all’orecchio di un perplesso McCartney che rispose ‘Ok, open’.
Solo 21 anni dopo, però, ho completato il tributo ai miei guru, partecipando eroicamente al concerto degli Stones al Circo Massimo di Roma. Giornata massacrante, ho esplorato i limiti della mia sopportazione fisica e nervosa. Allucinazioni, disidratazione, insolazione, cali di pressione e crisi di agorafobia ma non appena gli Stones entrano in scena c’è l’ ‘effetto Lourdes’: passa tutto. Mi sono trovata a urlare come un’ossessa e a piangere come una bambina. Sui potenti accordi di Jumping Jack Flash è partita un’onda di energia che sollevava e catapultava in aria, mentre alla fine, su Satisfaction, la terra ha letteralmente tremato sotto il battere dei piedi di 71.000 persone.
In conclusione, Beatles e Rolling Stones hanno veramente dato una direzione alle mie energie rendendomi dapprima un’adolescente e poi comunque un’ adulta, diversa. Sui loro testi ho pianto, riso, meditato. Sulle loro note ho scritto, cantato, danzato. Nel piccolo, la mia storia s’intreccia profondamente con la loro; le mie canzoni e la mia voce rispondono tutt’ora a quell’imprinting di base. Non a caso le mie amiche cantanti mi dicono che ‘canto in una maniera strana’. Può effettivamente capitare, quando si prende come modello Mick Jagger piuttosto che Elisa o Aretha Franklin.
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Parrucca della linea Luigi14 e foto di Luca Ciolli
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