giovedì 24 novembre 2016

TRASCENDERE E/O RISOLVERE

“Devo far cambiare il campanello: suona sempre quando sono in bagno.” (Anonimo)



Come dice il maestro Mooji, “si fa prima a illuminarsi che a risolvere tutti i nostri problemi”. Questo per dire che è più risolutivo modificare la nostra posizione mentale che tentare (spesso inutilmente) di cambiare le situazioni, le cose o le persone che ci circondano. 
Ciò, sia chiaro, non deve diventare un giustificativo per non prendere responsabilità verso la nostra vita. Tuttavia, l’atto e la volontà di trascendere il problema ci aiuta a porre un certo spazio tra noi ed esso senza farcene ossessionare mentalmente o devastare emotivamente - reazioni effettivamente poco consigliabili e poco efficaci.
Per quello che mi riguarda, sono rimasta disillusa dall’odierna mentalità new-age salutista/evoluzionista tanto quanto dalla vecchia visione materialista/interventista. Apparentemente agli antipodi, in realtà entrambe convengono su questo assunto di base: ‘se e solo se risolvi (correggi, migliori) questo e quest’altro di te e del mondo, allora avrai il permesso e il diritto di esser felice (risvegliato, illuminato, in pace).’


Il punto è che, non so se qualcuno ha notato, appena ci sembra di aver risolto un problema, sia esso di natura fisica, sentimentale o psico-spirituale, ecco che ne spunta  subito fuori un altro a richiamare con urgenza la nostra attenzione. Se poi, per qualche strano caso, ci sentissimo invece abbastanza ‘a posto’ e risolti, sicuramente comparirà nostra madre, nostro marito o il nostro miglior amico a puntare il dito su un altro dei nostri errori, misfatti o difetti. 
Andiamo avanti una vita, tutti presi e indaffarati a risolvere un problema dietro l’altro, rimandando e mettendo infinite condizioni alla felicità, alla pace,  alla realizzazione. Questo accade perché la personalità umana stessa, a meno che non sia allineata con qualche principio superiore, è costruita appositamente per ‘cercare e non trovare’, per ‘essere felice solo se…’ e quindi per creare e vedere problemi sempre e ovunque.


Prendiamo un esempio terra-terra: il nostro corpo fisico. Per quanti vaccini gli facciamo, per quante bacche di goji gli propiniamo, per quanto yoga o meditazione gli somministriamo, alla fine è destinato a non farcela. Quindi non so quanto sia funzionale pensare ‘finché non guarisco il mio diverticolo intestinale o, psicosomaticamente parlando, finché non guarisco il rapporto con mia madre, non potrò essere felice, realizzato, in pace.’ E’ un autoinganno della mente tanto quanto il pensiero ‘Finché i miei figli non hanno trovato un lavoro e si sono sistemati, io non posso essere felice/realizzato/in pace.’
Il maestro Mooji riduce drasticamente gli infiniti problemi dell’individuo e della collettività umana a uno solo: la personalità o l’ego - il generatore stesso dei problemi. Una delle sue citazioni più incisive infatti è  che “Non esistono problemi personali: la personalità è il problema”. E continua, con spietata lucidità “la personalità è sempre in uno stadio terminale…perché  sicuramente termina”.


Trascendere significa dunque compiere quel balzo quantico che sposta il nostro punto d’identificazione da ‘Sara Bini’ o ‘Mario Rossi’ a quel principio superiore, immutabile, indistruttibile e incontaminabile che è la nostra coscienza, la nostra anima o essenza interiore. Riconosciamo di essere in tale stato allorché non pensiamo all’ ‘io, me, mio’ e magari contempliamo qualcosa di bello; oppure quando condividiamo di cuore qualcosa con qualcun altro senza pensare ai nostri tornaconti. Inoltre contattiamo tale principio vitale ogni volta che osserviamo spassionatamente un problema invece di angosciarci e agire freneticamente per ‘sistemarlo’. 
Paradossalmente e quasi magicamente, è proprio dal cercare questo punto di osservazione libera, questo luogo al di sopra del conflitto che spesso procedono le azioni e i pensieri ispirati : quelli che si occupano efficacemente della questione in corso o la eliminano alla radice, riconoscendola come un falso-problema.


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