“There's a goddess in the doorway - C’è una dea sulla soglia
Asking how much can I take - che mi chiede quanto sono capace di prendere
And it looks like she's heading my way - Sembra che stia guidando la mia strada
There's a goddess in the doorway - c’è una dea sulla soglia” (Mick Jagger)
Negli ultimi giorni mi sono accaduti una serie di piccoli ma importanti episodi che, ancora una volta, mi hanno fatto riflettere su come si possa realmente imparare qualcosa da chiunque incrociamo sul nostro cammino, si tratti anche solo dell’incontro di un attimo.
Persone che, erroneamente e arrogantemente, ritenevo poco capaci di provare, figuriamoci di esprimere, sentimenti di gratitudine, affetto o dolcezza mi sono state ‘maestre’ a tutti gli effetti nel dimostrare concretamente di tali qualità. Alla luce di questo, mi è tornato in mente uno dei tormentoni tipici dell’esperienza relazionale umana, ossia l’intramontabile “perché do sempre così tanto e ricevo sempre così poco?”
I recenti episodi di cui scrivevo sopra hanno un po’ ribaltato la prospettiva con cui generalmente tendiamo a valutare le nostre relazioni, specialmente quelle più strette o intime. Mi chiedo infatti adesso quanto siamo noi realmente capaci di ricevere: di avere occhi per vedere, orecchie per udire e braccia per accogliere ciò che l’altro ci sta dando o indicando mentre noi siamo tutti indaffarati a tentare di ‘educarlo’, ‘correggerlo’, ‘migliorarlo’.
Quanto siamo aperti alla bellezza dell’altro? Quanto siamo in grado di percepire, non voglio nemmeno dire di apprezzare, quelle qualità che lui (o lei) ha sviluppato e che, sia mai, potrebbero essere utili anche a noi? Siamo, in genere, molto bravi a elargire consigli, fare diagnosi e a imbastire interventi correttivi - specialmente sul prossimo - trascurando però lo stesso messaggio educativo che il prossimo, già con la sua semplice presenza e modo di essere, ci sta offrendo.
Forse è il caso di provare ad aprire un maggior spazio di ascolto, apprezzamento e incoraggiamento nei confronti delle persone che ci circondano, siano esse genitori, figli, amici o partner. Un tale tentativo potrebbe sanare e potenziare la maggior parte delle nostre relazioni o, se non altro, potrebbe favorire un nuovo modo di vedere noi stessi: con più simpatia, accettazione e, perché no, magari anche con più amore.
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