mercoledì 21 novembre 2018

IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA

“Ho una cagna straordinaria: metà labrador, metà bulldog. Una buona combinazione. Beh, certo, magari mi stacca la gamba con un morso, però poi me la riporta.”(Jimi Celeste)

English version a the link : The downside of the 'special person'


Il tema dell’uomo e della donna ‘speciali’ resta uno dei tormentoni preferiti delle nostre possenti infatuazioni,  strazianti innamoramenti e cotte feroci. Anche qui vale la pena fare due riflessioni, sempre per amore della scienza e di una birretta in buona compagnia.
Intanto sfatiamo il mito del Principe Azzurro e della Grande Gnocca per cui le donne aspettano languidamente il cavaliere senza macchia e senza paura e gli uomini la vergine-gran-mignotta che rassicuri il loro senso  di onnipotenza virile.
Aldilà di questi estremi estremamente irrealistici, esistono tuttavia persone con qualità fuori dall’ordinario, di fronte alle quali facilmente ci scappa detto che “hanno una marcia in più”. Un certo fascino magnetico irradia da loro, spesso scollegato dall’aspetto fisico perlopiù ordinario, eppur impreziosito da qualcosa d’indefinibile che nel migliore dei casi io tendo a chiamare ‘luce dell’anima’.


Questa qualità, per quanto attraente al primo colpo, diventa generalmente molto repellente per chi non sia in qualche modo su tale lunghezza d’onda. Inizialmente, una forte profondità di sentire e di pensiero, uniti a doti come  schiettezza e autenticità risultano indubbiamente affascinanti per un individuo intelligente e di una certa sensibilità. Alla lunga però, tale individuo si rende conto di star camminando sull’orlo di un abisso: la persona profonda e spirituale sa convivere con i suoi splendori e le sue crisi, ma non è detto che ciò sia tollerabile per chi gli o le sta accanto.
La persona profonda e  autentica ha poi anche la non sempre piacevolissima virtù di dire senza filtri quello che pensa, toccando con grande facilità i nervi scoperti dell’altro così come strimpella spietatamente i propri. Questo per via della sua brutta tendenza a pensare che tutti ricerchino la verità come fa lei, per cui applica tale metro indiscriminatamente al partner così come all’animale domestico , che onestamente preferirebbero anche un po’ di sana ipocrisia e quieto vivere.


Senza scomodare qualità mistiche o tormenti esistenziali, basti anche solo pensare a una donna dotata di forza interiore e indipendenza emotiva.  Perfino un uomo mediamente intelligente potrà gioire del fatto di non trovare sul cellulare  300 whatsapp o 20 chiamate all’ora più scenate di gelosia all’apparire di ogni essere di sesso presumibilmente femminile. Se però tale uomo non possiede una solida autostima e altrettanta serenità emotiva,  dopo un po’ comincerà a condannare quella donna come ‘sfuggente, fredda, poco compiacente ed egoista”.
Saper gestire le forze dell’attrazione  e della repulsione si rivela  dunque un processo di progressiva sintonizzazione e reale ascolto dell’altro – significa saper andare un po’ oltre le nostre paure, ferite e bisogni mettendo in dubbio facili idealizzazioni e inverosimili aspettative



Si tratta di saper regger il contraccolpo non sempre positivo - per la nostra percezione -  delle qualità ‘positive’ dell’altro, imparando a vedere dove i suoi lati oscuri entrano in risonanza con i punti dolenti nostri.  Tutto questo può offrirci un’occasione in più per crescere e guarire insieme, finché è possibile e senza farsi inutilmente del male.


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IL RIFIUTO 3 : rifiutare

“Una cipolla al giorno leva tutti di torno.”(Anonimo)


Vale la pena anche spendere due parole sulla parte ‘attiva’ o (‘cattiva’?) di questo dramma, su quella che in apparenza rappresenterebbe il ruolo del ‘carnefice’. Qui entra in gioco il famoso ‘saper dir di no’, arte quanto mai difficile perché nella concezione comune significa far soffrire un’altra persona. In realtà, molte volte, ciò che ci trattiene dal dire un onesto ‘no’ è la paura di perdere quell’immagine di noi stessi tanto buoni, altruisti o semplicemente tanto indispensabili e importanti che abbiamo lungamente faticato a costruire.
Non occorre dare ragioni per dire un ‘no’: ‘no’ è una frase completa. Non occorre neppure che l’altro ci stia un po’ sulle balle per potergli infliggere un ‘no’ a cuor leggero. E’ un nostro diritto porre dei limiti, prendere tempo, non dare spiegazioni. Non siamo la Sibilla Cumana che deve dar risposte a tutti.



Saper rifiutare e saper essere rifiutati sono in fondo la faccia della stessa medaglia. Fa parte di un sano, ‘sportivo’ senso di realtà, un saper stare al mondo con leggerezza. Cosa urta un rifiuto, l’orgoglio? Bene, quell’orgoglio ferito scaturisce dalla stessa debolezza emotiva che ci impedisce di dire un ‘no’ sincero e deciso. E’ fatto della stessa pasta inconsistente di un senso di valore fondato solo sulle conferme altrui e sui riconoscimenti esteriori.
Quando un rifiuto affonda troppo in noi, vediamo chi o cosa si sente minacciato e impariamo ad abbracciare queste parti fragili e poco mature di noi. Non pretendiamo che se ne debbano occupare gli altri, o che tutti debbano camminare in punta di piedi per non ferire la nostra delicata suscettibilità. Impariamo con dolcezza a stare nell’imperfetto, nel vulnerabile e nel cambiamento, coltivando in noi una parte più luminosa, stabile e forte capace di osservare e  sorreggere tutto questo. 



Del resto, come diceva il buon Stan Lee “un personaggio che non fa errori e si comporta sempre in modo impeccabile non è affatto interessante.” E nemmeno umano - aggiungerei io.

##Vedi i due post precedenti Alcune premesse e Essere rifiutati


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Il RIFIUTO 2 : essere rifiutati

“Ogni rifiuto importante, ogni abbandono che brucia è una piccola morte dell’ego. Ringrazia chi ti rifiuta, perché ti dà l’opportunità di risorgere Altro, di rinascere Spirito.”(Sara Bini)


Non mettersi minimamente in discussione è tragico, ma lo è anche andare in paranoia di fronte a ogni critica, di fronte a un no o a un partner che ci rispedisce al mittente. Ogni rifiuto può essere istruttivo, verificati alcuni fattori, come ad esempio da che pulpito viene la predica: mi rifiuta qualcuno con cui sono uscito tre volte o una persona che stimo e che penso sia arrivata a conoscermi bene? In tal caso, su cosa si basa il suo allontanarmi? E in cosa, di preciso, mi allontana? Anche qui limitiamo il danno: se per esempio qualcuno non mi vuole come partner non è detto che mi rifiuti in toto come persona. Inoltre, anche solo per amore della scienza, posso usare le sue motivazioni per vedere se c’è qualcosa di effettivamente ‘repellente’ in me e magari lavorarci sopra, sempre se mi va. 


Anche in questo caso, bisognerebbe apportare i dovuti miglioramenti senza fanatismi  e senza perdere di vista il fatto che l’assoluta perfezione non è di questo mondo. Prima o poi bisognerà pur far pace con noi stessi e con quegli aspetti di noi che sono scarsamente modificabili, tipo quelli fisici, o con tratti caratteriali che sono distintivi della nostra identità. 
Come si suol dire, non è possibile piacere a tutti e non è neppure un granché corretto fingersi diversi e compiacenti per essere amati e accettati. Prima o poi la nostra verità verrà a galla, di solito accompagnata da una discreta quantità di rabbia e recriminazioni del tipo “ho fatto tutto questo per te, per i nostri figli e per la nostra galassia e tu adesso te la spassi con la vicina di casa, porco!”.



Per concludere, smussati gli angoli più nocivi della nostra personalità e raggiunto un certo grado di pacificazione interiore – che gli altri ci rifiutino pure. Per assurdo, noteremo che più ci vogliamo bene, più saremo capaci di voler davvero bene e, di conseguenza, verremo maggiormente accolti  e meno rifiutati.

##Vedi il post precedente Alcune premesse e quello seguente Rifiutare

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Il RIFIUTO 1 : alcune premesse

Lloyd: Quante possibilità ho?
Mary: Non molte.
Lloyd: Vuoi dire non molte tipo una su cento?
Mary: Io direi, piuttosto, una su un milione.
Lloyd: …Allora stai dicendo che una c’è! E vai!!! (Scemo &+scemo)



Nonostante il titolo del post, non parleremo di raccolta differenziata o termovalorizzatori, quanto piuttosto di un’altra grande star nel panorama delle turbe psichiche umane: la paura e la ferita del rifiuto. Quasi impossibile non essere stati mai stati ammorbati, o per via diretta o per vie traverse, dalla pesantezza di questo nucleo emotivo irrisolto.
Farò alcune premesse generali, prima di entrare più nello specifico nei post seguenti. Tanto per cominciare, una vita significativa e interessante è, a mio avviso, spesso costellata da una serie di rifiuti, basti pensare a Verdi che fu bocciato all’esame di ammissione al Conservatorio. Inoltre, se siamo stati rifiutati, significa quantomeno che ci siamo messi in gioco, tentando di varcare i limiti del sicuro e del conosciuto per aprirci a nuove esperienze.

Oltre a ciò, c’è da dire che il rifiuto raramente va preso proprio sul personale – e questo forse è l’errore più classico, perché tendiamo a pensare che tutto il mondo ruoti intorno a noi e, nella fase paranoica, che tutto il mondo ci giudichi e ci condanni severamente. Quando recuperiamo un po’ di sano distacco, ci rendiamo conto che in realtà esistono tutta una serie di gusti, preferenze e alchimie non controllabili né predicibili, per cui a ognuno di noi piace qualcuno e qualcosa e non piace qualcun altro o qualcos’altro. E non c’è reale dramma in tutto questo, al massimo un “provaci ancora, Sam!” o un “ritenta, e sarai più fortunato!”.
Infine, il rifiuto si riferisce spesso e volentieri all’idea che ci siamo fatti di una persona, e non alla persona come è veramente. Se prendiamo ogni rifiuto acriticamente  come una sentenza  capitale, forse abbiamo bisogno di interventi più risolutivi rispetto al leggere il post di un blog o lamentarsi con un amico al bar.
Di questo tratterò nel prossimo post.

##Continua nei prossimi due post  Essere rifiutati e Rifiutare


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