Ma il fascino che Orfeo esercita
su di noi è dovuto in special modo alla sua discesa agli inferi per riprendersi
Euridice, la compagna defunta. Euridice era una ninfa, cioè una
divinità femminile ctonia che Orfeo aveva conquistato col suo canto. Purtroppo
Euridice morì a causa del morso di un serpente velenoso e Orfeo, per amore,
scese nel regno dei morti. Da lì in poi, quello che successe nell’Ade resta un
mistero. Ci sono state trasmesse almeno due versioni differenti.
Secondo una di esse, che troviamo
nel Simposio di Platone, nell’Ade fu mostrata a Orfeo solo un’apparenza
della donna: “Ma fecero scendere inutilmente Orfeo nell’Ade e gli
mostrarono solo un’ombra della ragazza per la quale era venuto. Non gli dettero
la vera Euridice poiché si era comportato da debole – era infatti un suonatore
di lira- e non aveva avuto il cuore di morire per lei come invece aveva fatto
Alcesti. Anzi, era entrato negli inferi con l’astuzia ”.
Troviamo invece l’altra variante,
la più conosciuta, nel quarto libro delle Georgiche di Virgilio e in seguito
anche nelle Metamorfosi di Ovidio. Appena
Orfeo entrò nell’Ade iniziò a suonare la lira così dolcemente che Proserpina,
la regina degli inferi, gli rese Euridice. C’era però una condizione da
rispettare: il cantore non doveva guardare Euridice prima che lei avesse raggiunto
la luce del sole. Sfortunatamente, proprio all’ultimo momento, quando entrambi stavano per lasciare il
regno dei morti, Orfeo si voltò verso Euridice e, così facendo, la perse per
sempre: “E già aveva oltrepassato tutte le difficoltà indietreggiando il
passo, ed Euridice, procedeva verso il cielo superiore seguendolo (e infatti
Proserpina aveva dato questo comando) quando un’ improvvisa pazzia prese
l'incauto amante, certamente da perdonare, se i Mani sapessero perdonare: si
fermò, immemore e vinto nell'animo, e guardò la sua Euridice appena giunta
sotto la stessa luce.”