In un tragico silenzio, non ci
resta che andare avanti finché vediamo alla nostra sinistra un’altra indicazione
per Olena. “Anche se non è la nostra destinazione, andiamo intanto a Olena”
suggerisco “Ci sarà pure un circolo o un bar dove chiedere informazioni’. C’immettiamo così in una straducola sterrata
che scende ancora più a valle.“Qui non ci si scambia nemmeno,
con la macchina” osserva preoccupata Claudia. “Non credo che corriamo questo
rischio” fa eco Alessandro.
Dopo un po’ vediamo profilarsi nel buio un casale diroccato e una chiesa abbandonata, davanti c’è un cartello mezzo affossato e impallinato dai cacciatori: Olena. Trepidanti, attraversiamo un borgo pressoché fantasma finchè la strada, sempre più ripida e tortuosa, non diventa decisamente un viottolo. Questo scende ancora e ancora, perdendosi nelle selve. E’ impraticabile per l’auto, casomai ci venisse tale brillante idea.
Dopo un po’ vediamo profilarsi nel buio un casale diroccato e una chiesa abbandonata, davanti c’è un cartello mezzo affossato e impallinato dai cacciatori: Olena. Trepidanti, attraversiamo un borgo pressoché fantasma finchè la strada, sempre più ripida e tortuosa, non diventa decisamente un viottolo. Questo scende ancora e ancora, perdendosi nelle selve. E’ impraticabile per l’auto, casomai ci venisse tale brillante idea.
Inutile dirlo, è lo sconforto
totale, la disfatta definitiva. Con fatica, rischiando perfino di buttar giù una madonnina
in un tabernacolo, facciamo inversione di marcia. Mentre riattraversiamo Olena, mi
cattura l’occhio una lucina a cui prima non avevo prestato attenzione. Sembra
ci sia qualche segno di vita, in fondo al cortile di un casolare. Sentendomi
anche un po’ la responsabile di questo disgraziato viaggio, salto giù dall’auto
e “Vado a chiedere informazioni. Ragazzi, aspettatemi qui”. Tentano debolmente di dissuadermi.
Attraverso il cortile tetro, è l’oscurità
più nera ma da una porta vengono luce e rumori, come se qualcuno stesse
lavorando. Mi affaccio e vedo una stanzina adibita a falegnameria, con uno
strano uomo che sta piallando una porta-finestra. In un nanosecondo due
immagini si presentano alla mia mente: da un lato l’archetipo del falegname per
eccellenza, ossia San Giuseppe, figura piuttosto tranquillizzante. Dall’altro
tutta quella serie di arnesi, martelli, bastoni e i capelli spampanati dell’uomo
tipo scienziato pazzo, beh’, non sono altrettanto rassicuranti.
[continua...]
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