Sotto questa luce, lo
sguardo proibito di Orfeo allude al fallire del dilettante, che si
trastulla e permane nella materia, cioè
nell’elemento dionisiaco, incapace sia di gestirla che di cantarla. In questo
caso non si realizza il necessario passaggio dall’individuale all’universale
che invece caratterizza la vera opera d’arte. Espresso in modo estetico si
potrebbe dire che la materia e l’artista non raggiungono la ‘Libertà del Bello’.
Lo sguardo di Orfeo è quindi
“estraneo al canto: è l’impeto del desiderio” e conseguentemente l’arte non
diventa più una sorta di purificazione. Schiller scriveva nelle sue famose
‘Lettere’: “ Esiste un’arte bella delle passioni, ma una bella arte passionale
è una contraddizione poiché l’immancabile effetto del Bello è la libertà stessa
dalle passioni”. Proseguiva quindi, parlando dell’importanza della sostanza
‘Mater’ che deve essere solo ordinata e
trasfigurata dal Poeta-Maestro: “La
bellezza è comunque opera della libera osservazione. Con essa entriamo nel
Mondo delle Idee ma, e questo è notevole, senza lasciare il mondo dei sensi. […]
Sarebbe infatti un’impresa vana voler separare questa relazione tra la
percezione sensibile e la rappresentazione della bellezza”.
Il riferimento di Schiller al
Mondo delle Idee ci porge l’occasione di riconsiderare anche l’altra versione
del mito, quella del Simposio. E’ facile individuare in essa una traccia della
critica platonica all’arte in quanto ‘mimesis
mimeseòs’ (imitazione dell’imitazione). Orfeo in tale ottica sarebbe semplicemente
un ‘giocatore’ , un esteta (alla Kierkegaard) per il quale “tutto è materiale e
niente esistenziale”.
Tuttavia la contrapposizione tra
la “donna reale” e la “donna-ombra” può
anche illustrare la problematica del rapporto tra realtà e arte. Come afferma Heidegger,
nell’opera d’arte si manifesta ‘l’accadere della Verità”. Questa è la
differenza fondamentale tra il dilettante e il vero artista, il giocatore e il
maestro, il sofista e il filosofo: uno imita e confonde, l’altro svela e
rischiara. Ciò significa che l’autentica opera d’arte è un’epifania dell’Altro, laddove questo ‘Altro’ è la Verità stessa
intesa nel senso greco del termine ‘alatheia’: il dinamico disvelarsi
dell’Essere. Heidegger va ancora oltre e definisce la poesia come
‘l’essenza dell’arte’ in quanto “il vero progetto poetico è l’aprirsi di Quello
in cui l’Esserci è già storicamente gettato”.
Qui Euridice diviene l’Esserci
caotico e ancora informe di cui Orfeo si fa guida consapevole e saggia.
Chiaramente ho già varcato in confini della filosofia e dalla metafisica, forse
anche perché non vedo confini netti tra tutti questi campi. Citando ancora
Novalis “la poesia è la protagonista della filosofia” e concludo con
Goethe “il materiale è visibile a tutti, i contenuti sono trovati solo da
coloro che hanno occhi per vederli e la forma resta un segreto per i più”.
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