Nella prima Enneade di Plotino,
specialmente nel capitolo della ‘Dialettica’, vengono delineati tre tipi di
uomini: l’Artista-musicista, l’Amante e il Filosofo-esoterista. Possiamo
osservare come Orfeo li incarna e sintetizza tutti e tre. Per
Plotino queste sono le tipologie di uomini che possono tentare la liberazione
dell’anima e quindi l’accostamento al divino:
“Ma che uomo deve essere, quello che tenta l’ascesa? Forse uno che ha
già ‘passato tutto’ o uno che con ‘la
sua prima nascita’(quella della carne) è caduto nel germoglio di un futuro
filosofo, amante o musicista?”
Così, secondo Plotino, l’arte
(specialmente la musica), l’amore e la filosofia rappresentano vie verso
l’alto, verso il ‘Nous’, cioè il platonico mondo delle Idee. La materia
è per lui un concetto-limite: è pura potenzialità e quindi totalmente neutrale,
né buona né cattiva. Diventa però un principio maligno quando il principio
maschile demiurgico ci proietta il proprio egocentrismo, i propri appetiti e
desideri identificandosi con essi e dimenticandosi del ‘Padre’ (lo spirito).
Ecco perché occorrono le purificazioni, l’aiuto dei Maestri, le scuole
misteriche e il ‘conosci te stesso’ dell’oracolo di Delfi.
Ad ogni modo Eros, il desiderio,
è comunque la guida e il motore del ritorno. Si manifesta come un tipo speciale di struggimento, una nostalgia di
pienezza, completezza e gioia duratura. Quando siamo toccati da Eros si
diventa naturalmente un poeta, in senso platonico, poiché la poesia e la musica
sono il linguaggio dell’amore.
Eros si presenta al musicista che
all’amante in primis come desiderio della bellezza sensuale (corpi e suoni),
mentre il filosofo “già pronto e , si può dire ‘alato’”, osa direttamente la
trascendenza. Eppure l’ascesa dell’anima non è assolutamente una semplice e
fredda presa di coscienza poiché il filosofo altro non è che il logico sviluppo
del poeta o del musicista iniziato. Alla resa dei conti tutte le strade
diventano una, perché l’Uno è la meta comune. Concludo con un’altra citazione
di Rilke, che a mio avviso condensa magistralmente l’essenza del divino Orfeo:
Il canto è Esserci. Facile a un Dio.
Ma siamo noi? E quando volge lui
all'esser nostro la terra e le stelle?
Se ami, ragazzo, tu non sei per questo,
s'anche irrompe la voce in bocca - un tale
impeto sappi obliare. Si perde.
In verità, altro soffio è il canto: un soffio
nel nulla. Un alitare nel Dio. Un vento.