Dopo il breve excursus sul
concetto di ‘esoterico’, vorrei tornare a Orfeo e
a una lettura in chiave alchemica della storia sua e di Euridice.
Trovo un’analogia interessante
tra la discesa nel regno dei morti e la fase di ‘Nigredo’ o ‘opera al nero’ del
processo alchemico. L’alchimia cerca di trasformare il metallo più vile in oro
e, sebbene ci siano varie varie fasi in questo lavoro, si possono tuttavia
individuare due passi fondamentali: la ‘Solutio’ (dissoluzione) e la
‘Coagulatio’ (solidificazione). “In
questo contesto la Solutio indica la riconduzione della materia al suo stato
primigenio e quindi il discioglimento delle sue stesse strutture […]. Questa
dissoluzione è inoltre una lotta tra opposti che finisce con la morte; questo è
il ritorno all’origine […]. La morte –spesso denominata ‘Nigredo’- è il cardine
del lavoro alchemico senza la quale non si procede”
Naturalmente questo procedimento ha un significato simbolico: la
trasmutazione del piombo in oro allude alla trasmutazione della materia in
spirito che il candidato ai Misteri deve compiere in sé. La ‘Solutio’ e la
‘Nigredo’ stanno per la purificazione della propria parte materiale necessaria
a una rinascita interiore.
Tornando brevemente in ambito
psicologico si potrebbe dire che il
candidato non deve solo ‘redimere’ il suo passato e il rimosso ma anche il
passato cristallizzato dell’umanità (l’inconscio collettivo junghiano). Da ciò nasce un confronto continuo con
tutto il materiale umano, gl’impulsi, le passioni ma anche i concetti, i
sistemi di credenze e di pensiero che si sono accumulati nelle varie ere.
Solo così si recupera Euridice, ossia l’anima pura, la materia prima che viene
chiamata anche ‘vergine’. Si tratta di una nobilitazione, di una
liberazione, si potrebbe quasi dire una smaterializzazione della materia
stessa.
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