Secondo me si possono trovare
tracce di questo processo alchemico nella poesia di Rilke ‘Orfeo.Euridice.Ermete’.
Come è noto, questo poeta era molto interessato all’esoterismo e soprattutto
alla figura emblematica di Orfeo. Rilke descrive Euridice con espressioni
‘alchemiche’:
“…chiusa in sé come un grembo che prepari una nascita,[…]
Ella era in una verginità nuova
ed intangibile […]
E non era più lei la bionda donna
che echeggiava talvolta nei canti del poeta,
isola profumata in mezzo all’ampio letto;
né più gli apparteneva.
Come una lunga chioma era già sciolta,
come pioggia caduta era diffusa,
come un raccolto in mille era divisa.
Ormai era radice.”
Le due varianti del mito mostrano quindi le due diverse situazioni in
cui si può trovare l’aspirante. La
prima, cioè la versione platonica, entra in gioco quando la rettificazione,
cioè il viaggio negli inferi viene intrapreso senza aver sviluppato le qualità
necessarie, tipo il giusto intento o la buona volontà. Allora il subconscio
produce immagini false, rappresentazioni fuorvianti e altre autoillusioni per
distrarre l’aspirante sul Sentiero. La
seconda versione invece è ancora più dolorosa perché l’aspirante possiede le
qualità appropriate ma c’è ancora un ‘guardiano della soglia’ che gl’impedisce
di voltare definitivamente le spalle al passato. Così sia Euridice, il principio
femminile, sia Orfeo, il principio attivo maschile non riescono a liberarsi
dalle tenebre e dal dolore. Infatti nella poesia di Rilke troviamo anche :
“Se per un attimo
gli fosse dato volgersi (se il volgersi a guardare
non fosse la rovina dell’intera sua opera
prima del compimento)”
La fase della Coagulatio infine è
la nuova forma che l’anima affrancata e redenta prende illuminata dallo
spirito, simboleggiato dall’oro. L’opera alchemica consiste in un
raffinamento della natura umana, che viene risvegliata da una vita meccanica e
materialistica e riportata alla sua origine divina.
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