“I care” (Don Milani)
Quando termina un ciclo vitale, sia esso un lavoro, una relazione o un percorso formativo, ho la tendenza a farmi delle domande e a mettere insieme un bilancio consuntivo dell’esperienza appena trascorsa. Ciò mi accade in maniera abbastanza naturale, è come la fase di digestione e assimilazione dopo aver consumato un pasto.
Un paio di giorni fa, parlando con un amico per le strade del nostro paese, riflettevo su come non sia sempre facile sintonizzarsi e accogliere i bisogni altrui, specialmente se non coincidono con i propri. Porto un esempio schietto schietto: se tutte le persone fossero come me, non ci sarebbe nessuno ad occuparsi dello stato delle strade, delle fogne, di un muro pericolante o delle erbacce che crescono. Una come me non si accorge di un marciapiede dissestato finché non ci batte il muso o finché, fatto un figlio, non trova difficoltà a spingere il passeggino.
Benedetti coloro che si prendono cura dell’aspetto materiale e pratico della vita, perché praticamente viviamo nella materia.
Benedetti coloro che si preoccupano di migliorare il nostro stare qui, nella forma di agio, funzionalità e perché no, di bellezza.
Ho imparato tanto da queste persone. Talvolta, forse, l’insegnamento viene impartito sotto l’aspetto di critica o di un dito puntato: sempre meglio, mi dico, che battere una craniata in mezzo alla piazza a causa di una buca.
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Parrucca della linea Luigi14 e foto di Chiara Benelli
Sara Bini Le Vie per l'Armonia
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