giovedì 17 giugno 2021

PERCHÉ GLI SCRITTORI SCRIVONO?: Risuonando con Maria Zambrano

“La solitudine, a volte, è la migliore compagnia.”(Milton, Paradise Lost)

English version at the link: Why do writers write?


Maria Zambrano: Perché gli scrittori scrivono?


Ma la parola non ci raccoglie, e quindi non ci crea - al contrario, quando la usiamo troppo, produce sempre disintegrazione. Noi sconfiggiamo il momento attraverso la parola, e poi siamo sconfitti dal momento [successivo], dalla sequenza di momenti che continuano a portare via il nostro attacco senza permetterci di rispondere. È una vittoria continua che, alla fine, si trasforma in una perdita. E da questa perdita - una perdita intima, umana, non di una persona particolare ma dell'essere umano - nasce il bisogno di scrivere. Si scrive per riconquistare la perdita che si subisce sempre quando si è parlato a lungo. E la vittoria può venire solo nel luogo dove si è sofferto la perdita, nelle stesse parole. Nella scrittura, queste stesse parole hanno ora una funzione diversa: Non sono al servizio del momento opprimente; non servono più a giustificarci contro l'attacco del momentaneo. Piuttosto, uscendo dal centro del nostro essere raccolto, ci difendono dalla totalità dei momenti, dalla totalità delle circostanze, dalla totalità della vita. 


Qui di seguito un mio scritto, uscito nella newsletter della Deep Philosophy (Deep Philosophy) e ispirato al brano di Maria Zambrano: 


Scrivere è disegnare il santo perimetro della mia solitudine benedetta. Amanuense dell’ anima, traccio le linee fondanti del mio sancta sanctorum. La parola parlata è incantesimo e tradimento. Mi forza in una lotta dove ogni trionfo è perdita e, vincendo la battaglia, in realtà perdo la guerra. Questi arabeschi d’inchiostro ho puntellato contro il mio abuso. Parlare è  perpetrare l’abuso, è mistificare il dolore della perdita primordiale. La parola parlata tenta di esorcizzare il tempo, per nascondere il lutto del primo abbandono. Parlando, ho abbandonato me stessa. E adesso basta: ritorno a quel silenzio prima del tempo. Intingo la penna nel sangue della mia prima ferita, bagno la carta con le lacrime del mio primo pianto. Ogni parola scritta mi ricompone, è un punto di sutura sulle mie rovine. Lascio il campo di battaglia, lascio l’aula del tribunale. Mi rilego in un filo d’inchiostro nero.



Per prenotare  un colloquio  di Counseling contattatemi attraverso il mio sito  Le Vie per l'Armonia.


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