“Alla mia età, devo evitare la tensione.”(Arnold Bennett)
English version at the link Taking chances
Proprio qualche giorno fa riflettevo, con un’amica, di come la vita presenti a tutti delle opportunità per migliorare e crescere, anche se spesso in aperto contrasto con le nostre abitudini o il nostro comodo status quo.
L’intelligenza della persona si misura proprio in base alla sua capacità di riconoscere tali occasioni per evolvere e di saperle cogliere. Sembra ci sia un’età limite dopo la quale, se non si sono fatti determinati passi di emancipazione, probabilmente non saremo più capaci di compierli. Questo limite può variare a seconda dei contesti culturali, tuttavia per quello che osservo intorno a me, si aggira tra i 30-35, massimo 40 anni.
Se non si è usciti dalla casa dei genitori o non si sono fatte esperienze di matrimonio e convivenza nel giro di quegli anni, sarà ben difficile che si sia in grado di farle dopo, a meno di eventi particolari. Dopo i quarant’anni, tutto ciò che è cambiamento viene percepito come doppiamente minaccioso e basta un micro-pensiero disturbante a bloccare ogni nostro estro creativo o slancio temerario. Le nostre emozioni sono ormai sclerotizzate e poco vitali, il nostro senso dell’avventura pari a quello di un timido pangolino, la nostra carica erotica si avvicina asintoticamente allo zero. Diciamolo: stiamo bene nei nostri piccoli comfort e nella nostra rassicurante routine, anche se ogni tanto ci annoiamo o recriminiamo che la vita ‘non ci ha offerto occasioni’.
Facciamo un esempio classico: sono una donna sulla quarantina, sempre vissuta con i genitori, e arriva un uomo che mi piace, magari anche con una casa di proprietà. Dopo un po’ che ci frequentiamo, mi chiede di far crescere la nostra relazione e andare a vivere insieme. La reazione? “Certo caro, sarebbe un sogno, ma…” e parte il rosario di pretesti, sebbene tutti ineccepibili e sensati : non abbiamo un lavoro stabile, dobbiamo accudire i genitori anziani, dobbiamo badare il cane, cambiare la lettiera al gatto, traslocare l’ecumenico guardaroba e gli accessori per trucco e parrucco. Così rimandiamo all’infinito - e allo sfinimento del poveretto - il passo fuori dall’utero materno.
Poi il tempo passa, il fidanzato passa e noi siamo sempre lì, bimbi viziati e non cresciuti, a lamentarci che le occasioni capitano solo agli altri, che l’universo è ingiusto e crudele, che mi meritavo quel posto di lavoro o quei soldi che ‘sicuramente’ mi avrebbero fatto andare a vivere per conto mio o a convivere con il partner. Di rado ci rendiamo conto che le nostre esistenze un po’ misere sono gli effetti puntuali di cause mosse da noi, che abbiamo mancato le nostre opportunità per pigrizia, immaturità e paura della stessa vita.
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