Sara è una Sibilla dei nostri tempi, come ci dice fin dalla prima poesia. Non ti racconta storie rassicuranti, ma ti offre "rauche memorie / momenti frammenti / e ruvide siepi". La sua è una voce poetica che emerge proprio quando il divino sembra essersi ritirato dal mondo, lasciandoci soli con i nostri echi interiori. Eppure, in questa apparente desolazione, c'è una forza oracolare che non si arrende. Il percorso attraverso questa raccolta è un viaggio nell'archeologia sentimentale di una donna che ha imparato l'arte difficile del "morire meno". Dalle "Case d'infanzia" ai "Limiti a Nord", Bini traccia una geografia emotiva dove ogni poesia è una stazione di un pellegrinaggio interiore.
Particolarmente potente è la sezione centrale, dove l'amore si rivela in tutta la sua complessità: "Ho deposto me stessa sugli aghi di pino", scrive, in un gesto che è insieme resa e offerta. L'amore qui non è consolazione ma combattimento, come in "Veleno" dove il poeta diventa "malato cattivo / martirio e bufera". La forza di Bini risiede nella sua capacità di trasformare il particolare in universale. Il dolore personale diventa cosmico, la ferita individuale si fa metafora dell'umana condizione.
In "Bodhisattva" emerge la figura della poetessa come essere illuminato che, pur potendo liberarsi dal dolore, sceglie di rimanere per aiutare gli altri: "Lo sguardo indietro a chi ancora / arranca su alpi di confine". Il linguaggio è quello di chi ha attraversato il fuoco e ne è uscita trasformata. Le immagini si susseguono con la logica del sogno e la precisione della visione: "Tintinna di pioggia la ringhiera / in un giugno di ruggine grigia". È una scrittura che non teme l'oscurità, anzi la attraversa per raggiungere lampi di pura illuminazione.
La poesia di Sara Bini è fatta di “verso luci”, di versi che sanno tagliare e medicare ma sempre sanno portarti, inspirarti, guidarti oltre ad una percezione elevata, ad un luogo che si sveste di tempo come la sola poesia pura sa fare: svestirsi del passato, ispirando il futuro per incarnarsi di eternità. Sara Bini si rivela “figlia di quella Lilith” che dà il titolo al suo precedente libro, portatrice di quella luce scura creativa, di quel principio femminile universale spesso soffocato e che oggi reclama imperiosamente la sua presenza. È la perfetta traghettatrice dello spirito della bellezza del passato, adattandolo e rinnovandolo per i tempi che verranno.
È tra le poche voci che lo zeitgeist di quest'epoca non lo interpretano ma lo definiscono, facendosi portavoce di una sensibilità che sa leggere e scrivere i segni dei tempi. "D'inCanti diVersi" è un libro necessario, che ci ricorda come la poesia sia ancora capace di dire l'indicibile, di dare forma al caos emotivo, di trasformare il pianto in canto. Sara Bini ci dimostra che anche nei tempi dell'aridità spirituale, il poeta può ancora essere colui che "disobbediente al buio si infiamma", portando luce dove regna l'ombra. E per questo non possiamo che esserle grati.
Rodolfo Carone