Dopo dodici anni di terapia il mio psicanalista ha detto qualcosa che mi ha indotto alle lacrime. Mi ha detto: "I can't speak Italian" (lib. riad. da Ronnie Snakes)
Una buona definizione di counseling
potrebbe essere : metto la mia migliore Umanità al tuo servizio. Quindi, alla
resa dei conti, il counseling è una relazione Umana nel senso più nobile del
termine. In quest’ arte, perché io così
la reputo, il mezzo e lo scopo coincidono: il counselor pone a disposizione del cliente le sue qualità
umane più elevate affinché egli possa svilupparle in se stesso,
per se stesso e nella sua vita. Ecco perché è richiesto al counselor un grosso
lavoro su di sé: almeno durante l’incontro, si sforza di sospendere ogni
giudizio, di farsi puro ascolto e comprendere lo stato d’animo del cliente – in
una parola, mette in stand by per un po’ la sua personalità e il suo ego.
Il counselor inoltre non ha
quadri teorici di riferimento con cui etichettare o catalogare il suo cliente:
l’altro viene accolto nella sua totalità, complessità e pienezza. Una relazione
caratterizzata da accoglienza, autenticità ed empatia facilita spontaneamente un
cambiamento positivo nelle persone coinvolte. Se il counselor, come si suppone,
si trova in uno stato di coerenza maggiore del cliente, facilita il ripristino
dell’armonia in quest’ultimo anche senza dover fare o dire chissà quali cose. E’
un fenomeno sottile, energetico, come se un movimento evolutivo s’irradiasse dalla
persona che in quel momento è più centrata a quella che in quel momento è più sconnessa.
Per cui può succedere che il
cliente esca dallo studio del counselor alleggerito, rivitalizzato e più
fiducioso senza sapersi spiegare il perché. Magari pensa anche “Eppure non mi
ha mica detto niente di speciale”. Questa è l’esperienza che io stessa ho avuto
nel mio percorso e che mi ha spinto a riflettere su cosa succede all’interno di
un incontro di counseling. Una delle risposte che ho trovato
è la seguente: il counselor va a rispecchiare la parte più saggia e lucida del
cliente, quel centro di forza interiore che la persona, in un momento di crisi,
non riesce più a contattare. Nel migliore dei casi poi, riconnette la persona con
queste sue risorse interne emancipandola anche dalla stessa relazione di
counseling.
Per il counselor si tratta dunque
di incarnare quelle qualità e quelle risorse che vorrebbe vedere sviluppate nel
cliente. Va da sé che un counselor sfiduciato o super-ansioso difficilmente evocherà
fiducia e serenità nel cliente. Questo
non significa che il counselor deve essere perfetto, poiché la perfezione è un
concetto relativo e onestamente, su questo pianeta, anche poco credibile. Significa
piuttosto che conosce , sperimenta e accoglie i suoi limiti umani e allo
stesso tempo lavora per andare oltre , trasformandoli pian piano in qualità meno
dolorose e meno dissonanti.
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Sara Bini Le Vie per l'Armonia
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