lunedì 22 dicembre 2014

MEDITANDO : il 'Vuoto mentale'

“Ah, mediti, interessante. Vuol dire che riesci a smettere di pensare?”
“ Sì, smetto di pensare alle cacchiate” (Dialoghi su FB)


Un luogo comune strettamente legato alla pratica della meditazione è quello che si medita per fare il ‘vuoto mentale’. Per la mia esperienza, meditare non è fare ‘il vuoto’ nella mente, casomai fare ‘quiete’, ossia riuscire ad osservare i pensieri e le emozioni senza che essi ci condizionino eccessivamente. Lo sviluppo di una tale equanimità è in genere un passaggio abbastanza avanzato della pratica meditativa. Siamo tutti coscienti di come certi pensieri ed emozioni sappiano sedurci,  spingerci all’azione inconsulta o ossessionarci la notte. 


Nella pratica meditativa si può sperimentare un ampliamento del nostro spazio interiore, una forma di travalicamento o sospensione del pensiero ordinario; ciò avviene però attraverso il collegamento con una Mente più vasta della nostra e non con la regressione a stati semi-coscienti o ipnotici. Non si tratta infatti di ‘perdere la consapevolezza di sé’ quanto di ampliare tale consapevolezza finché include anche le altre forme di vita, finché ci  percepiamo costantemente ‘in relazione’ e ‘connessi’ anche quando siamo soli. Tale espansione, sia verticale che orizzontale,  non ha nulla a che fare con una ‘fuga dalla realtà’ in qualche fantomatico mondo astrale o immaginario.
Lo scopo della meditazione è renderci più consapevoli, non inebetiti o stralunati. Pur essendo una pratica che ci aiuta a costruire un rifugio di pace sicuro e incrollabile  all’interno di noi, tale luogo non diventa un eremo mentale che ci dissocia dalla realtà. Anzi, va a costituire quella sorgente di forza che ci aiuta a comprendere meglio la nostra vita, sia ‘spirituale’ che ‘materiale’,  sostenendoci  mentre cerchiamo di agire coerenti con i nostri più alti valori.


A questo punto, potremmo sostituire il concetto di ‘vuoto mentale’ con quello di ‘mente aperta’ o ‘spirito del novizio’. Ciò indica un atteggiamento di disponibilità a mettere in discussione tutte le idee acquisite rispetto alla vita nei suoi vari aspetti : relazioni,  lavoro, salute ecc… Non che tali concetti siano per forza sbagliati o discutibili, tuttavia la possibilità di espanderli o modificarli porta una rinnovata freschezza all’interno del nostro essere e può spezzare il grigiore della routine con intuizioni originali e sentimenti più vitali. 
Le caratteristiche dello ‘spirito del novizio’ o della mente aperta sono quindi l’apertura a ogni evento, la libertà dalle aspettative, la spaziosità,  la spontaneità e la fiducia nel processo di crescita attraverso un attento ascolto di sé  e della vita che si muove intorno a noi.


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domenica 7 dicembre 2014

RITMO 3 - Un onesto ‘no’

“Comprendo quello che mi chiedi, sei importante per me - e la risposta per ora è no” (Sara Bini)


Sintonizzandoci con i nostri ritmi  e con la nostra musica interiore, può succedere una cosa all’apparenza sconcertante: non combaciamo più in tutto e per tutto con le aspettative e le richieste altrui. Inizia dunque un periodo di ‘aggiustamento del tiro’ all’interno nostre varie relazioni, alcune delle quali decadono mentre altre rifioriscono in genuinità e affetto. 
Vecchie etichette di rapporto ampliano i loro confini allorché si comincia a pensare in termini di incontro tra  esseri umani piuttosto che a uno standard gioco di ruoli. Certo, il ruolo (madre, figlio, compagno, capufficio ecc) resta per esigenze concrete di vita quotidiana; tuttavia la persona di fronte a noi non viene ridotta ad esso, così come noi stessi ci rifiutiamo ora di aderire in toto a pacchetti pre-confezionati dalla società o dalla cultura.


Gradualmente sviluppiamo un senso di intima coerenza che potremmo definire ‘integrità’; ciò non ha tanto a che fare con i codici morali o le norme sociali quanto piuttosto con l’aderenza a una voce interiore che unifica i nostri processi di pensiero, sentimento e azione. Da questa sorgente possono anche scaturire i nostri primi ‘no’ di fronte a richieste che non ci rappresentano più o che comunque minano il nostro equilibrio - se non addirittura la nostra salute. 
Un ‘no’ onesto diventa così un sì a noi stessi e anche un atto di amore verso l’altro, a cui iniziamo a dare la stessa libertà  di ascoltarsi , scegliere e cambiare idea. Man mano che ci accordiamo con i nostri ritmi interiori, impariamo ad intonarci con quelli della vita, ricavandone un senso di maggiore armonia, giusto tempismo, sano rispetto e autenticità.

##Vedi i due post precedenti In & Out e La solitudine e il contatto


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RITMO 2 - La solitudine e il contatto

“La solitudine fra noi - questo silenzio dentro me” (L.Pausini)


Sotto quest’ottica, il concetto di ‘solitudine’ può essere reinterpretato come un momento necessario per ricollegar-si, recuperare le forze, metabolizzare le vicende passate e prepararsi a quelle future. Anche il contatto con se stessi è una forma di relazione: anzi, stabilisce il paradigma , ossia la modalità e l’intensità con cui poi ci rapporteremo agli altri.
Per questo vale la pena prendersi un po’ di tempo per raccogliere le energie, coltivarsi  e con-prendersi. Bypassando questa fase, negandola o illudendoci di evitarla, si crea quello squilibrio che si manifesta con il classico ‘vuoto dentro’ e la tendenza a creare legami di dipendenza con tutto - come ci insegna la Pausini, citata in apertura di post. 


Nei casi più ‘fortunati’, si diventa dipendenti dal proprio lavoro, dalle amicizie o dal partner, in altri casi si può perfino cadere nell’alcool, nelle droghe e altre belle cose simili. Allo stesso modo, un eccessivo isolamento può far arroccare la persona in posizioni mentali ed esistenziali rigide che non si aprono al confronto, alla condivisione e alla crescita. 
Ripeto, non ci sono regole univoche, perché grazie dal Cielo ognuno di noi è diverso e la bellezza sta proprio in questa cangiante diversità di forme, colori e note. Quindi sta a noi sviluppare quella respons-abilità utile a modulare le proprie fasi di Yin e di Yang, ritiro in sé e contatto col mondo. L’intelligenza si evidenzia proprio con la capacità di non cristallizzarsi in un unico e indiscutibile schema di ‘funzionamento’, per quanto possa essere stato valido in qualche momento della nostra vita.

## Vedi post precedente In & Out e post successivo Un onesto 'no'


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RITMO 1 - In & Out

‘I got rhythm, I got music…” (G.Gershwin)


L’antica saggezza ha sempre descritto la vita in termini di pulsare ritmico, oscillazioni, ciclicità, flussi e riflussi. Il nostro stesso corpo ci invita a comprendere ciò nell’alternarsi di inspirazione ed espirazione, sistole e diastole, contrazione e distensione.
Allargando il campo di osservazione alle nostre vite per come ce le ricordiamo o percepiamo, non di rado si notano in esse macro e micro-cicli, connessi a sequenze di nuovi inizi e a chiusure di esperienze esaurite. Per esempio, personalmente ho notato abbastanza presto la tendenza ad avere fasi della durata di due anni. Senza che ne fossi particolarmente consapevole o che dirigessi intenzionalmente la cosa, molte delle mie esperienze più istruttive si aprivano e  chiudevano da sole in questo lasso di tempo.


Analogamente, possiamo notare come anche la nostra vita interiore necessiti di momenti di raccoglimento e momenti di apertura. La frequenza e la durata di questi intervalli variano a seconda della fase evolutiva e sono collegate alla struttura caratteriale del singolo individuo.
Attraverso un attento processo di auto-ascolto e auto-osservazione, possiamo sintonizzarci con i ritmi naturali del nostro essere, assecondandone o cavalcandone il moto e bilanciandone gli eccessi.

##prosegue nel post successivo  La solitudine e il contatto


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martedì 11 novembre 2014

ENERGY - Possibili effetti ‘concreti’ dei percorsi o trattamenti energetici

“Basta! Tutte queste emozioni mi fanno venire il mal di pancia” (Sara Bini)


Nella mia esperienza di trasformazione interiore, così come nei miei incontri  di Biomusica, counseling e meditazione, ho osservato alcuni fenomeni piuttosto interessanti. Si tratta di modifiche o prese di coscienza che producono dei ‘riassestamenti’ nell’intero sistema della persona e che sono riconducibili almeno in parte a percorsi di riequilibrio o ricarica energetica. Generalmente tali cambiamenti non sono immediati perché tutti i sentieri interiori necessitano di pratica, tempo e regolarità.
Eppure, quello che mi ha colpito ultimamente, è stata proprio l’ ‘accelerazione’ di questo moto evolutivo. Oltre al mondo interiore, perfino le condizioni nella vita ‘esterna’  possono modificarsi in tempi brevi. A seconda dei casi infatti, o i cambiamenti interiori ed esteriori si verificano quasi in contemporanea oppure uno dei due precede l’altro. Nella mia situazione specifica, per esempio, la ‘materia’ , l’ ‘esterno’ tende a riassestarsi più lentamente e deve intercorrere un certo intervallo prima che le mie nuove consapevolezze si manifestino fuori.
Al contrario, in molti casi osservati tra i partecipanti ai miei corsi o tra i miei clienti di counseling, è più facile che si accelerino gli avvenimenti esterni e che la persona prenda consapevolezza in un secondo momento riguardo a  ciò che è avvenuto a livello mentale.


E’ stato interessante osservare una certa regolarità nelle dinamiche soldi/lavoro/energia. Essendo il denaro e il lavoro una manifestazione dell’energia nel mondo materiale, non di rado chi intraprende un lavoro energetico/introspettivo riceve pagamenti in sospeso o inizia ad essere pagato per qualcosa che prima faceva gratis, oppure trova/cambia lavoro. Non è che succede sempre, intendiamoci,  specialmente se ci sono grossi blocchi su questo versante o se il tema lavorativo/finanziario è funzionale a uno specifico salto evolutivo dell’individuo.
A livello di relazioni, d’altro canto, possono avvenire processi di riequilibrio tra il ‘dare’ e il ‘ricevere’, una maggiore comprensione e accettazione del punto di vista altrui e allo stesso tempo la capacità di esprimere il proprio potenziale creativo. Questo avviene sia nella coppia che in famiglia o nel gruppo di amici. Si avverte un senso di ‘ammorbidimento’ di alcune rigidità che poi si riflette nell’accoglienza inaspettata da parte del mondo esterno. Essenzialmente, si sviluppa una minore propensione a giudicare gli altri e quindi ci si sente  - e si viene- meno giudicati.


Aggiungo infine altri tipi ‘effetti’ collegabili a un percorso meditativo/energetico:

A livello fisico/bioenergetico

Sensazione di maggiore vitalità e forza
Ribilanciamento del senso dell’appetito
Intensificazione delle percezioni e delle sensazioni
Le persone che non si ricordano mai i loro sogni spesso iniziano a ricordarli
Leggere modificazioni nel ritmo sonno-veglia
Respirazione più profonda
Possono attenuarsi la fame nervosa e alcuni disturbi un po’ cronicizzati (colite, gastrite, cistite)

A livello emotivo/mentale

Maggiore chiarezza nei pensieri
Più senso di stabilità e sicurezza
Maggiore fiducia in sé, negli altri, nella vita
Emozioni più intense ma più veloci a fluire
Senso di maggiore leggerezza e buonumore
Minore inclinazione alla polemica
Maggiore consapevolezza di sé (delle proprie azioni, emozioni, pensieri)


martedì 28 ottobre 2014

SONO STATA RISPARMIATA - I’ve been spared!

“Mio figlio ha perso un grosso contratto di lavoro e mi ha chiamato dicendomi: 'Mamma, sono così emozionato. Ho perso un meraviglioso contratto e non vedo l’ora di scoprire cosa arriverà di meglio!'”(B.Katie)


A volte mi viene da riflettere su come la Vita possa essere più saggia e amorevole di quanto noi percepiamo all’apparenza. Una delle persone che stimo di più, Byron Katie, scrive ‘La vita è sempre più gentile delle storie che ci raccontiamo sopra”.  Dietro ad apparenti ‘perdite’ , ‘delusioni’ , ‘sconfitte’  talvolta si celano aiuti provvidenziali, per chi ha un po’ di acume e maturità psicologica. Tali ‘perdite benedette’ mi sono capitate sia  livello lavorativo che sentimentale.
In un contesto culturale e in un momento storico in cui la questione della disoccupazione è all’ordine del giorno, sembra un’eresia affermare che perdere un contratto di lavoro possa equivalere a un colpo di fortuna. Infatti questa è una provocazione che va contestualizzata e presa piuttosto come spunto di riflessione e stimolo per un’accettazione serena di alcuni eventi magari giù accaduti e su cui non possiamo stare a piangere una vita intera.


Per la mia esperienza, devo dire che spesso ho partecipato a bandi o concorsi pubblici più per  convenzione che per convinzione. E’ una mia peculiarità: gli ambienti istituzionali e le professioni regolamentate non sono mai state per me di particolare attrazione. Il ‘posto fisso’ in sé non poteva essere una meta, al massimo un mezzo. Per cui, ogni volta che per qualche motivo non mi piazzavo bene in una graduatoria di questo tipo, beh, francamente ho tirato un sospiro di sollievo. Da qualche parte, già sapevo che quel posto non faceva per me e che io non facevo per lui. Di conseguenza, era perfettamente adeguato alla personalità e alle competenze di qualcun altro. La Vita è giusta anche quando non lo sembra. 


Ho aggiunto ‘alla personalità’ perché non voglio entrare in questioni di meritocrazia, favoritismi o peggio che mai, di politica. Se in un posto non ti accettano è perché il tuo contributo evidentemente non è richiesto : non è congeniale alla logica interna di quel sistema. Sarebbe come attaccarsi forzatamente a un partner che non ti desidera: il risultato è che si sta male.
Ciò non significa che quel contributo o quella persona non valgono - anzi. Con la fiducia, l’intenzione e la pazienza, è facile si manifesti una situazione migliore, sia in senso lavorativo che in senso sentimentale. ‘Migliore’ qui è inteso in senso squisitamente relativo: è evidente che le vie più atipiche sono scelte dalle personalità meno ordinarie. Dunque non c’è da stupirsi se, per esempio,  una grande mente e un grande cuore si trova meglio a lavorare la terra che a competere in un ambiente accademico.



Come ha scritto Benjamin Franklin “Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza.” E aggiungo: briciole di affetto, briciole di prestigio e di tutto ciò per cui siamo disposti a dis-integrarci, cioè scinderci interiormente dal nostro più autentico sentire, dal nostro più autentico potere.


Foto di Dany Summo
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giovedì 2 ottobre 2014

UN POSTO AL SOLE - Ovvero, la ‘guerra tra poveri’

-Vorrei tanto conoscerti…
-Io no.
(Dal manuale SSF ‘Sopravvivenza Su Facebook’)


Credo sia capitato a molti di aver sentito, praticato o sperimentato il mantra ‘la vita è una lotta’. C’è chi consapevolmente vive questo dogma e fedelmente vi si attiene, da ‘vincitore’ o da  ‘perdente’ a seconda dei casi, c’è chi lo manifesta in modo più indiretto attraverso il proprio atteggiamento - le così dette ‘acque chete’. ‘La vita è una lotta’ parte dal presupposto che non c’è abbastanza amore, soldi e di conseguenza (secondo questo sistema di pensiero) felicità per tutti. Occorre digrignare i denti, stringere i pugni e sgomitare per farsi spazio. In alternativa, ci si intrufola zitti zitti, si ‘oliano’ le persone giuste, si piange miseria - l’essenziale è ottenere quello che reputiamo indispensabile (denaro, sesso, affetto, prestigio ecc.)
Ho sempre avuto difficoltà  calarmi in questi ruoli. Tra l’altro sono le due facce di una stessa medaglia, cioè l’ego umano limitato e limitante che pensa ‘mors tua, vita mea’. Un simile atteggiamento predatorio si osserva anche in altri aggregati umani, siano essi associazioni, partiti  o nazioni. Diventano gigantografie dell’ego a livello collettivo e tentano amorevolmente di farsi le scarpe a vicenda. Nel migliore di casi, quando non hanno un atteggiamento dichiaratamente aggressivo, non riescono comunque  a collaborare  per più di mezz’ora gli uni con gli altri.


Fortunatamente, lungo il mio percorso, ho incontrato anche persone con principi -ma soprattutto con comportamenti- diversi. Sono uomini e donne che condividono, danno e si danno generosamente e ritengono che la conquista di uno possa diventare la conquista di tutti. Tali persone in genere hanno un’alta carica energetica, sia essa vitalità, sia essa profondità di spirito,  e tendono ad attrarre, ad esercitare un certo fascino magnetico. Certo, come ogni grande fiume, trascinano con sé anche ‘fango e sassi’, ossia profittatori  e pesi morti. Non importa: il bello di queste creature è che continuano a ‘dare’ anche quando loro stessi sono evidentemente più in difficoltà degli altri : difficoltà di salute, familiari o difficoltà economiche. Ciò dimostra la loro reale ricchezza e ‘nobiltà’, laddove coloro che li sfruttano -e che spesso materialmente hanno di più- resteranno miserabili.


Concludo con una citazione eminentemente culturale e spirituale, parafrasando il mio guru Lee Ward Shore: ‘E’ questa l’eredità che vogliamo lasciare ai nostri posteri? Saremo felici di poter dire ai nostri nipoti “Sì, ho combattuto e ho resistito, ho lavorato tutta la vita per avere una pensione mensile così bassa che non posso nemmeno permettermi la carta igienica ultrafine e supermorbida” ? O saremo invece orgogliosi di poter affermare “No, io non ho voluto partecipare alla gara per il successo. Mi sono sdraiata sul divano, ho acceso lo stereo con i Rolling Stones e adesso vivo con una pensione da fame, ma per fortuna non mi serve la carta igienica ultrafine e supermorbida perché non mi sono rovinata l’intestino stressandomi la vita”?’


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domenica 21 settembre 2014

LA RELAZIONE SIGNIFICATIVA 2 : La ‘serena attesa’

“Recentemente, quando sono da solo, cerco di farla finita con la masturbazione. Chiedo a me stesso: ma perché non mi posso essere soltanto amico?” (Richard Lewis)


La mia counselor, santa donna, un giorno mi disse “la relazione significativa s’incontra: non si cerca né si forza”. L’obiezione più immediata a questo è : ma allora se non ‘cerco’, cioè se non mi mobilito, cosa posso/devo fare per realizzare il mio desiderio? Dov’è il mio potere di autodeterminazione?
In realtà, non si tratta qui di passività quanto di spostare l’azione da ‘esterna’ a ‘interna’, come succede con la meditazione. Si tratta di sviluppare l’atteggiamento mentale della“serena attesa”. Questa dimensione di calma attesa implica la capacità di stare soli, imparare a volersi bene e sviluppare la fiducia che la vita risponderà ai nostri reali bisogni.


La relazione significativa dunque ’s’incontra’ e , altra cosa importante, ‘si riconosce’. Il senso del ‘riconoscimento’ esula da valutazioni meramente mentali/emotive del tipo ‘E’ carino/a, ha un buon lavoro, mi vuole bene, si può fare’. E’ uno ‘scatto’ più profondo che -attenzione- non necessariamente porta una relazione idilliaca o il matrimonio delle favole.
Anzi, tale alchimia potrebbe rivelarsi ‘significativa’ proprio perché comporta sfide di comprensione e salti evolutivi notevoli, talvolta faticosi. Per esempio, potrebbe insegnarci a diventare più autonomi e a stare felicemente da soli.


Ho parlato e sto parlando di un piano di esperienza squisitamente umano, dove la ‘sanità’ equivale  a saper accettare il limite, la contraddizione e l’imperfezione tipica della nostra natura. Poi, spostandoci su un livello superiore, si può anche osservare che ogni relazione, ogni esperienza è in sé significativa, anche quella puramente ‘di comodo’ o apparentemente ‘casuale’. Infatti dalla nostre azioni e intenzioni scaturiranno effetti e reazioni che, alla lunga, porteranno crescita e apprendimento (talvola mooooltoooo alla lunga). 
Per concludere, mi sembra opportuno ricordare che la prima, reale relazione significativa è quella con noi stessi. Tanto vale prendersene cura. Come dice Byron Katie “C’è un unica persona con cui sono certa che andrò a letto tutta la vita: me stessa!”

##vedi il post precedente La ricerca dell'amore


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LA RELAZIONE SIGNIFICATIVA 1: La ricerca dell’amore

“Grazie, ho trascorso una serata veramente meravigliosa. Ma non è questa.” (Groucho Marx)


Attraverso l’esperienza personale e quella di amici, colleghi, compagni di viaggio, ho notato spesso il desiderio e al contempo la difficoltà a trovare un rapporto sentimentale che si possa definire ‘significativo’, importante.
Beninteso, tutto è o può essere portatore di un senso, anche il classico ‘one-night-stand’, tuttavia la maggior parte delle persone che mi circondano desidera qualcosa di più dell’avventura fugace o del semplice sfogo di tensione e ormoni. Per cui questa riflessione si indirizza a coloro che, in un rapporto, cercano una forma di armonia, reciprocità, nutrimento emozionale e crescita in consapevolezza.


Purtroppo in questa ricerca è facile che interferiscano elementi d’ansia spesso enfatizzati da ‘pressioni’ e condizionamenti sociali o familiari. A una certa età ‘si dovrebbe’ aver trovato ‘la persona giusta’ , essersi ‘sistemati’ o , per le donne, dare risposta al famigerato ‘orologio biologico’. 
Tali diktat, se ci si pensa bene, spengono la bellezza e l’unicità che contraddistingue ogni forma di vita e , a maggior ragione, l’essere umano. Nell’omologazione di emozioni, vissuti e pensieri tristemente che è in atto, anche la ricerca di questa fantomatica ‘anima gemella’ diventa qualcosa di compulsivo e viziato da stereotipi fuorvianti. Non di rado ci si invischia in relazioni infelici in cui ognuno proietta disperatamente sull’altro un ruolo o un destino che non è portato a compiere - perché non è il suo. 

#continua nel post successivo La serena attesa



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venerdì 19 settembre 2014

CIELO E TERRA : le campane di cristallo, la voce e il violino

“Cos’è per me la musica?!? E’ ciò che mi rende sopportabili anche le faccende domestiche!” (Sara Bini)


Qualche anno fa, durante la celebrazione di un solstizio d’estate, ho fatto la mia prima esperienza delle campane di cristallo. Il loro suono, toni puri veicolati dal quarzo di silicio, mi ha letteralmente mandato ‘in orbita’…. mi ha fatto pensare alla famosa ‘musica delle sfere’ a cui alludeva Pitagora. Non so che suono abbiano i pianeti ma, se dovessi immaginarlo, credo che  per me assomiglierebbe molto a quello delle campane di cristallo.


Molte persone trovano tali suoni rilassanti, in effetti evocano una spazialità limpida che può aiutare a de-contrarsi aprendo uno spazio interiore di accoglienza e consenso alla vita. Alcune persone possono anche trovarli fastidiosi, perché col loro nitore e la loro chiarezza, toccano come un ‘laser’ i nostri punti dolenti, le nostre vibrazioni imprigionate e trattenute, i silenzi carichi di non-detto.
Con un amico abbiamo provato un esperimento interessante: unire al suono puro del cristallo quello più ‘terrestre’ del violino. Il violino ha in sé le sonorità ‘calde’ del legno, della terra da cui è nutrito  e del fuoco che, a sua volta, può andare a nutrire. Inoltre è uno strumento principe nella tradizione musicale occidentale laddove la campane di cristallo tendono ad essere associate a quelle tibetane in metallo e quindi, in qualche modo, al misticismo orientale.
Qui di seguito posto il link a un video 'sperimentale' preparato da  Fabio Borghini :


Vorrei specificare che non si tratta di una ‘performance’ da palco. Non c’è da valutare la ‘bravura’ o la ‘perfezione’ (parametro quantomeno opinabile) dell’esecuzione; suggerisco semplicemente di porsi in ascolto col corpo, e non solo con la testa, dei timbri e dei colori sonori che vengono qui prodotti.


Ognuno di noi può sperimentare in prima persona l’effetto che tale connubio suscita in lui/lei. Il mio amico ha unito a tali suoni anche l’intonazione di un mantra che poi io ho raddoppiato cantando, ovviamente secondo la vocalità e la tonalità femminile. Per la mia percezione e la mia sensibilità, tali qualità apparentemente distanti evocano un’ atmosfera sonora piuttosto ‘ricca’, allo stesso tempo penetrante e avvolgente -  non banale. 
Dal punto di vista musico-terapeutico,  l’aggiunta del suono del violino muove e con-muove più facilmente il livello emotivo della persona. Ciò accade sia grazie al timbro e alle qualità sonore intrinseche di questo strumento sia per un fattore culturale: il violino è generalmente più sentito, conosciuto e quindi ‘connotato’ rispetto alla campana di cristallo.
Che dire…avanti con questa insolita jam session!!



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giovedì 18 settembre 2014

L’AMORE E LO GNOCCO FRITTO - La felicità è una scelta

“It’s time to believe, dreams can come true in this town today - E’ tempo di credere, i sogni possono avverarsi in questa città, stanotte” (Francesco Bini  - Sushi Rain)


Ieri, 17 settembre, ho avuto un’ulteriore riprova di come un attimo di consapevolezza possa illuminare una giornata - e forse anche di più.
Mi piace andare sul concreto, perché alla resa dei conti ci giochiamo la nostra gioia e il nostro benessere nel quotidiano, nella ‘fatica’ - ma anche nella ‘conquista’-  di ogni momento vissuto con pienezza e coscienza. Grandi gesta eroiche raramente ci vengono richieste. Questo è il momento dell’eroe di ogni giorno, di colui che ogni minuto sceglie tra il sorriso e il risentimento, tra un pensiero pulito e un rancore, tra il nuovo e il vecchio.
Ma torniamo alla scena di ieri : sono in montagna con mio padre e mio fratello e stiamo andando a pranzo. Ci sono due ristoranti nel villaggio garfagnino dove abbiamo la nostra casa: il ‘Casone' e ‘Col D’Arciana’. Inizia il dibattito decisionale per stabilire in quale dei due locali andare a battere pancia. Nonostante la situazione sia chiaramente democratica, io, che non ho ancora preso la mia posizione e sto mentalmente passando in rassegna tutte le prelibatezze in memoria, dichiaro un ‘mi va bene tutto’. Appena lo dico, conservatrice come sono, mi rendo conto che non è vero, che in cuor mio conosco meglio i piatti del Casone e preferirei andar sul ‘sicuro’. D’altro canto, millenni di lavoro interiore e percorsi di counseling mi hanno  inesorabilmente  fatta innamorare del ‘nuovo’, per cui esito ad optare per un posto già sperimentato.


Mio padre è chiaramente favorevole a Col D’Arciana, mio fratello è sinceramente neutrale. Dunque si va a Col D’Arciana. Rapidamente e in modo molto sottile, sento salire lo scontento che la situazione prenda una piega diversa da come voglio io - cosa anche abbastanza ovvia , visto che non mi sono espressa. Di regola, tutto questo avviene alla velocità della luce; adesso, per amore della scienza,  sto scomponendo a posteriori  il processo nei suoi fattori costitutivi.
Il leggero disappunto fa sì che, inconsapevolmente, mi attacco subito a quanto c’è di ‘brutto’ o di ‘insoddisfacente’ nel nuovo locale: il posto mi sembra troppo ‘scarno’ e poco accogliente, il menù, manco a dirlo, povero di scelte. Già il disappunto si comincia a manifestare con il broncio e un tono di voce astioso, più l’affermazione ‘non c’è nulla che mi piaccia qui’. Ricalco quasi inconsapevolmente alcune dinamiche familiari da anni in atto tra mio padre e mia madre, prendendo il ruolo di mia madre.


Grazie al Cielo però, il lavoro su di sé dà i suoi frutti: il mio ‘Custode Interiore’ si attiva e comincio a ‘vedere’ dall’esterno il veleno emotivo che entra in circolo trasformandomi sia in ‘vittima' che in ‘carnefice’ di questa situazione. Scelgo che posso essere altro : posso essere pace invece di questo. Questa scelta non avviene ‘a caso’: occorre un livello di consapevolezza superiore a quello della scena in questione. E’ come fermare un treno che inizia a muoversi e per farlo ho avuto bisogno di una certa ‘forza’ , di una certa energia. 
Primo passo, dunque, l’osservazione e la dis-identificazione dall’emozione ‘pesante’ e ‘distruttiva’. Secondo passo, la sua trasformazione. Quest’ultima si compie con l’arrivo del cameriere, un ragazzo di quindici o sedici anni , semplice, sorridente, che ha tutta l’aria di fare il suo lavoro con amore o comunque al meglio delle sue possibilità. Una persona che non c’entra assolutamente nulla con tutta la dinamica in corso e che rischia di diventare a sua volta vittima del mio malumore.


La trasmutazione però sta già avvenendo: un istante di pausa, un respiro - e tutto è di nuovo perfetto, è grazia, è miracolo, è luce. Sto aprendo i  sensi e il  cuore al nuovo, all’inaspettato.  Le cose non sono andate come volevo?  Magari stanno andando pure meglio!! Se non altro, imparo ad esprimere chiaramente le mie preferenze e realizzo che, se la situazione non si svolge secondo i miei piani o i miei desideri, sono io a dovermi ‘accordare’ alla Vita e non viceversa. Che bello restare dis-illusi…è una grande occasione per apprendere l’armoniosa flessibilità di un cuore leggero

PS: Per la cronaca: mi hanno portato uno gnocco fritto da boato di applausi…anche se mi ci vorranno due settimane buone per finire di digerirlo.

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giovedì 11 settembre 2014

SOSTENERE IL CAMBIAMENTO - La ‘medicina vibrazionale’

“Nessuno ha bisogno di sapere tutto.” Jean Paul


Dal punto di vista della fisica, ‘cambiare’ significa compiere un lavoro - e sappiamo che per compiere un lavoro occorre energia. In effetti pratiche ‘energetiche’ come la meditazione, la Biomusica, il Qi Qong possono favorire molto il processo di ‘guarigione’ o di ri-armonizzazione dell’individuo. 
Quando si produce una comprensione solo sul piano intellettuale, occorre poi il suo tempo e una sua ‘disciplina’ prima che diventi comprensione emotiva e si manifesti in un nuovo atteggiamento. La nuova presa di coscienza va ‘alimentata’ , cioè ripetuta e praticata affinché si stabilizzi e determini le opportune modifiche nella vita interiore ed esteriore del soggetto - in altre parole, affinché si ‘incarni’.


D’altra parte, con le pratiche puramente corporeo-energetiche, si manifesta talvolta l’effetto opposto: la persona modifica il suo atteggiamento quasi senza spiegarsene il motivo. E’ come se si fosse ‘aggiustato’ un circuito interno di pensiero-emozione-azione senza che la persona stessa possa spiegare come. 
Per l’uomo occidentale tuttavia, può essere importante e anche legittimo il tentare di comprendere le fasi del suo processo di crescita interiore. Comprendere non significa controllare o manipolare, quanto piuttosto darsi un ragione e seguire coscientemente ciò che avviene - nei limiti del possibile per la mente umana. 


Ecco perché, secondo me,  è importante che nel processo evolutivo  ci siano entrambe le componenti: un lavoro ‘psicologico’  di auto-osservazione e ricerca delle cause, più un lavoro energetico a sostegno dei vari ‘insight’ che si possono ricevere lungo il sentiero.
Questo lavoro ‘sottile’ rappresenta una sorta di ‘medicina vibrazionale’ di cui fanno parte approcci come la Cristalloterapia, l’Omeopatia, i Fiori di Bach, il Massaggio Sonoro e naturalmente tutte le pratiche meditative.


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CAMBIARE - Perché può essere difficile?

“Quando un uomo non ha una buona ragione per fare una cosa, ne ha una ottima per lasciar perdere.” Sir Walter Scott


Nei miei anni di meditazione, Biomusica, Counseling, gruppi esperienziali, arteterapia e affini, mi sono spesso chiesta cos’è che davvero ha favorito il cambiamento in me e nelle persone che mi circondavano, fossero essi colleghi o partecipanti agli incontri che tenevo.
Sicuramente tutte le discipline e i percorsi intrapresi sono stati funzionali alla crescita in consapevolezza e quindi alla trasformazione del mio modo di essere. La Vita stessa è suprema maestra quando cominciamo a porci delle domande, anche se ha il brutto vizio di rispondere in modo simbolico, cioè attraverso esperienze che fatichiamo a decodificare. Entrando più nello specifico ho individuato alcuni elementi comuni ai vari processi di cambiamento:


  1. Il giusto tempismo : così come non si può forzare un fiore a sbocciare, non si può indurre se stessi o, peggio che mai, un’altra persona a fare un passo prima che sia giunto il suo momento.
  2. Rispetto : la sospensione del giudizio è essenziale per facilitare la crescita nostra e altrui. Coloro che vorrebbero vedere cambiare il partner o i figli e restano frustrati se ciò non si verifica, potrebbero intanto aprire quello spazio interiore di accoglienza che riporta equilibrio e respiro nel rapporto. ‘Stare addosso’ a qualcuno di solito non aiuta o, se produce qualche modifica, di solito è superficiale e momentanea.
  3. Consapevolezza e sostegno energetico: qui, secondo me, si tocca un punto importante. Molte discipline psicologiche portano il cliente/paziente a una maggiore comprensione e consapevolezza delle proprie dinamiche, talvolta disfunzionali e produttrici di sofferenza. Quello che però spesso manca poi è la ‘forza’ che sostenga il cambiamento effettivo nella persona. Questo può essere il limite di analisi che restano su un piano puramente intellettuale. Non di rado si sentono persone che, dopo anni e anni di percorso, affermano ’adesso ho addirittura più problemi di prima’.  
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