“Imparo sempre per tentativi e orrori” (Sara Bini)
Nella nostra consueta dimensione di vita, siamo tendenzialmente abituati a pensare per opposti (bene/male, giusto/sbagliato, vittima/carnefice ecc..). In momenti di particolare acume intellettuale, riusciamo perfino a notare come tali coppie non siano poi così antitetiche quanto piuttosto complementari e vadano a ‘completare’ e integrare un’unità vitale. Raramente riusciamo a cogliere questa unità di base, questo sostrato comune che rende possibile l’esperienza di entrambi i poli, talvolta perfino contemporaneamente.
Uno dei momenti in cui tale paradossale coincidenza degli opposti può essere vissuta - e non solo filosoficamente teorizzata - è l’esperienza meditativa. Notoriamente la meditazione viene recepita come un antidoto alla frenetica attività della mente, un’iniezione di relax, di quiete, di ‘vuoto’. Ciò possiede un suo grado di realtà, specialmente nelle nostre società occidentali impostate sull’iperattività e sull’iperstimolazione.
Tuttavia lo scopo della meditazione non sarebbe prettamente soporifero - per questo abbiamo a disposizione un’ampia gamma di ottimi farmaci - e non darebbe motivo di attrazione a chi è già calmo e flemmatico di suo. Nelle esperienze meditative più riuscite in effetti, osserviamo che la sensazione di pace e di rilascio delle tensioni si sposa con una mente vigile, attenta, creativa, capace di focalizzarsi a volontà sull’oggetto prescelto, ma anche in grado di espandersi, allentare la sua presa e trascendere le proprie ossessioni.
##Continua nel post successivo “‘Cause you’re hot then you’re cold”
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