"Caro Dio, ti perdono di cuore per avermi creato, ma non lo rifare mai più!" (Sara Bini)
Se Dio dunque è in me, alberga e dimora nel cuore del
mio cuore, è plausibile dire che Dio fa esperienza, cresce e si evolve
attraverso di me? Un simile pensiero, cioè quello di una Coscienza trascendente
e immanente allo stesso tempo, abbatterebbe il muro di ogni dualismo e, di
conseguenza, ogni possibilità di giudizio.
Che implicazioni pragmatiche -
perché per me la filosofia E’ pratica - avrebbe infatti il concetto di un Dio
in evoluzione? Intanto si profilerebbe una destrutturazione della morale come
comunemente la intendiamo. In qualche modo saremmo costretti a riconoscere non
che noi ‘non dobbiamo giudicare’ ma, più semplicemente, che ‘non possiamo’.
Infatti,
se l’esperienza di Dio passa anche attraverso il ladro o l’assassino,
Berlusconi o il Gabibbo, come posso permettermi di essere perentorio o drastico
nella mia visione del mondo? Come posso pensare di sapere in assoluto cosa è
giusto e cos’è sbagliato? Questo non significa condonare il male, casomai
significa tentare di comprenderlo per poi trasmutarlo.
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