martedì 30 ottobre 2012

Dell'Unità d'Italia 1 - dall'intervento per la Festa della Toscana 2010



 Non è mia intenzione in questa sede fare una lezione di storia o di critica storica, ci sono altri momenti e altri luoghi deputati a questo. Né tantomeno mi preme fare un discorso di retorica o un’ analisi politica. Il tema di quest’anno sui 150 anni dell’Unità d’Italia fa sì che questa Festa della Toscana diventi il preambolo di un intero anno, il 2011, dedicato a questo importante anniversario. Ci auguriamo perciò che sia l’inizio di un percorso di acculturazione diffusa, specialmente per le nuove generazioni. Tematiche come l’unione e la divisione, la fusione o la differenziazione, la libertà, l’indipendenza, la democrazia  non si fermano ai manuali di storia o di educazione civica, ma le si vivono quotidianamente nelle nostre storie, personali e collettive, anche talvolta senza rendersene conto. Per attualizzare e personalizzare tali questioni abbiamo pensato che poteva essere bello chiamare in causa i consiglieri stessi, con le loro riflessioni, i loro pensieri, le loro emozioni connesse al tema di questa festa.

Se poi mi si chiede un contributo personale, vorrei appunto portare l’attenzione su come i processi di unificazione o secessione, integrazione o divisione, siano costantemente in atto e trasformino in continuazione i panorami  geografici, sociali, ma anche mentali e culturali dei popoli.
L’Italia, come sappiamo, è diventata uno stato unitario con un discreto ritardo rispetto ad altri paesi europei. Mi riferisco a Francia o Inghilterra, per esempio, che già nel medioevo hanno iniziato individualizzarsi come monarchie nazionali e darsi anche quell’assetto territoriale che conosciamo.
Il nostro è stato un processo più tardo, diverso, in cui  la premessa per l’unità era intanto restituire la libertà alle varie popolazione italiane sottoposte a domini stranieri. Per cui siamo passati attraverso le guerre d’indipendenza, il cosiddetto Risorgimento, in cui si è lottato per trasformare in realtà un sentire e un desiderio corredato e supportato  ovviamente da considerazioni di ordine politico, storico, sociale ed  economico.
Ora, ottenuta l’unità non è che sia stato l’happy end in cui tutti vissero felici e contenti. Il processo d’integrazione è ancora in atto. Siamo tutt’ora a dibattere, ad assestarci e a riprogettarci come italiani. Tematiche come unità, federalismo sono all’ordine del giorno della discussione politica.  Nel grande come nel piccolo, nella famiglia come in uno stato, tutte le volte che si va a unificare, a raggruppare una pluralità di animi, di vissuti e di individui, oltre alle difficoltà di carattere operativo c’è un’angoscia di fusione in cui si teme di perdere la propria identità.
Allo stesso tempo tuttavia si manifesta anche l’angoscia opposta, l’ansia di disgregazione, ossia che la troppo differenziazione, la troppa individuazione ci faccia mancare una struttura di riferimento che dia anche una certa protezione e sicurezza e una possibilità di espressione non accessibile al singolo o a un’unica parte dell’insieme.
La difficoltà e la sfida è proprio giocata tra queste due continue spinte e pulsioni che si manifestano in modo naturale in ogni organismo vivente e che si rinnovano con l’incontro di nuovi stimoli con il rimescolamento degli elementi interni al sistema. Un collettività, un gruppo, un popolo è tanto più maturo quanto riesce a calibrare, contrattare e riorganizzarsi cercando una mediazione tra istanze diverse. In termini politici, come ha affermato anche il Capo dello Stato facendo riferimento alla Costituzione, si tratta di  conservare l’inscindibilità della Nazione italiana con la promozione delle autonomie, il sentimento d’identità locale, regionale con sentimento d’italianità.

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